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28 ottobre 2010


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Bunga - bunga e la storia della povera Italia

C'era una volta un paese strano. Questo paese era talmente strano, ma talmente strano che a capo del suo governo c'era un uomo bizzarro, ma talmente bizzarro che qualcuno diceva persino che non avrebbe potuto governare.
Tra una legge e l'altra e tra una conferenza e l'altra e tra un'apparizione e l'altra, questo strano Presidente si dilettava a dare feste e festini. Non tutti i cittadini erano invitati, ma solo gli amici intimi e giovani donzelle dall'aspetto avvenente e dall'età "immatura".
Un giorno ad una di queste feste arrivò una ragazzetta carina, carina. Il Presidente la guardò e la riguardò e decise che sarebbe stata la sua preferita, quella da cui non avrebbe più voluto togliere le mani. Si avvicinò a lei e le chiese: "Come ti chiami?" La giovane lo guardò, abbassando lo sguardo, e disse: "Mi chiamo Italia."
Fu un momento, un sussulto, uno scatto. Il Presidente balzò sulla giavane donzella. Lei si diminò, urlò e urlò: "Porco, levami le mani di dosso!"
Gli altri che erano lì, videro. La ragazza era spaventata, il Presidente divertito.
Gli altri che erano lì, videro e non fecero nulla. Risero.
Allora il Presidente mentre era ancora là, sopra la ragazza, chiamò a raccolta gli amici intimi e le giovani donzelle dall'aspetto avvenente e dall'età "immatura" e disse: "Voglio raccontarvi una barzelletta! Ci sono due ministri del governo che vanno in Africa, su un’isola deserta, e vengono catturati da una tribù di indigeni. Il capo tribù interpella il primo ostaggio e gli propone: ‘‘Vuoi morire o Bunga-bunga?’’. Il ministro sceglie: ‘‘Bunga-bunga’’. E viene violentato. Il secondo prigioniero, anche lui messo dinanzi alla scelta, non indugia e risponde: ‘‘Voglio morire!’’. Ma il capo tribù: ‘‘Prima Bunga-bunga e poi morire". Vi è piaciuta?"
Allora tutti risero ancora più forte.
Solo Italia restò in silenzio. Lei, Italia, sapeva che non c'era proprio nulla da ridere.
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26 ottobre 2010


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Quelli che... la fanno fuori dal vaso

Qua qualcuno la fa fuori dal vaso:

Era il 29 settembre quando nel discorso alla Camera Berlusconi prometteva: “... e finiremo la Salerno/Reggio Calabria entro il 2013!”
In realtà forse spera che si avveri la profezia Maya della fine del mondo entro il 2012.

Il 22 ottobre invece prometteva: “in 10 giorni risolveremo l'emergenza rifiuti in Campania.”
Ma la soluzione non l'aveva già trovata nel 2007? Il signor B. mi ricorda una mia vecchia professoressa di matematica: quando il suo risultato non coincideva con quello del libro diceva: “ragazzi, ha sbagliato il libro!”

Lunedì 25 ottobre. Il Ministro dell'Interno, Maroni in merito alle rivolte di Terzigno dice: "Faccio un invito a tutti a deporre le armi, altrimenti credo che sarà necessario intervenire in modo più duro di quanto non si sia fatto finora".
Pochi giorni prima Bossi profetizzava: “a Terzigno potrebbe scapparci il morto”
Maroni, quella di Bossi era preoccupazione non un suggerimento! Poi è vero che si parla di terroni, però...

Di palo in frasca.
Domenica sera, 24 ottobre, Marchionne, amministratore delegato della Fiat, durante un'intervista alla trasmissione: “Che tempo che fa”, afferma: “la Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia... nemmeno un euro dei 2 miliardi dell'utile operativo previsto per il 2010 arriva dal nostro Paese”
Non ricordo: chi usufruì di aiuti statali? E per statali, intendo dello Stato italiano. Io ho un Opel Corsa.

Ancora il 22 di ottobre, il Premier ci ricorda che: "Non ho mai chiesto il Lodo Alfani. Sono i miei alleati che se ne fanno promotori a mio favore, ricorrendo agli strumenti legali della democrazia.". Quindi l'avevamo frainteso.

Avrei voluto trovare anche qualcuno a sinistra che la facesse fuori dal vaso, ma a sinistra non la fanno fuori dal vaso. La sinistra non la fa e basta. E così facendo, non fa la sinistra.

Il 23 ottobre il sindaco di Avetrana ha emesso un'ordinanza per vietare il divieto di accesso in alcune strade che portano alle abitazioni delle famiglie Scazzi e Misseri.
Il provvedimento è stato disposto in previsione dell'arrivo di autobus dalla Basilicata e dalla Calabria di turisti che intenderebbero vedere da vicino la casa in cui viveva Sarah e il garage nel quale è stata uccisa.

Si dice che siano sempre i migliori quelli che se ne vanno. Questi sono sempre lì. Un po' come i cantieri sulla Salerno/Reggio Calabria; un po' come la spazzatura in Campania e un po' come gli stolti armati di macchina fotografica per riprendere i luoghi di un delitto.
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20 ottobre 2010


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Non siamo noi ad essere romani, sono loro ad essere romeni o non siamo noi ad essere romeni, sono loro ad essere romani?

Una giornata come un'altra. In fila per comprare un biglietto della metro. Due persone litigano. Un ragazzo 20enne romeno e una ragazza 32 anni, romana. Lei dice a lui: “ma che cazzo vuoi, cose ci fai qui nel mio paese”. Il litigio è per motivi futili, ma lui si sente aggredito. Camminano a fianco, continuano a volare parole “grosse”, poi si fronteggiano e lui sferra un pugno. Lei cade a terra. Lui va via, come se non fosse successo nulla. Qualcuno lo ferma, chiede spiegazione, lo riporta dinanzi a quel corpo che continua a giacere per terra.

Il fatto diventa notizia. La donna è in coma per un pugno. C'è un video. L'indifferenza della gente che non si cura di quello che accade, che ci mette troppo ad accorgersi di quella donna a terra. Una telecamera che ci mostra quanto sia facile non vedere.
Tutti avranno un opinione sul fatto: il ragazzo 20enne è un violento romeno. La ragazza è una donna di soli 32 anni, romana. Loro non dovrebbero stare qui. I motivi per semplificare sono lì a portata di mano. Non è un fatto di razzismo, però...

La donna dopo alcuni giorni in coma muore. C'è un altro mostro a portata di mano. Violento e straniero. Sono tutti schierati dalla parte giusta. Lui finisce in carcere. Quando le forze dell'ordine vanno a prelevarlo, il pubblico applaude soddisfatto. La classe politica è compatta, tutti a condannare, indecisi solo su quanto dura dovrà essere la pena. Magari è una buona occasione per tornare a parlare di pena di morte, per far leva sul sentimento di paura. Noi, loro. Italiano vittima dello straniero cattivo.
La cronaca nera dà una mano a orientare l'attenzione. In questo giorni fa comodo.
Cazzo, lui è romano e lei è romena! Sarebbe potuta andare meglio...

Per fortuna è cominciato il grande fratello. Potremmo parlare di questo. Si dice che quest'anno nella casa ci sia il figlio di un camorrista. Chissà se si sarà presentato dicendo: "Mi manda papà!"?
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12 ottobre 2010


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Differenti o indifferenti

Dovremmo dotare i tassisti di armi da fuoco, i passeggeri di giubbotti antiproiettili, i cani di settevite come i gatti, i militari in missione di pace di bombe atomiche, i passanti nervosi di guantoni da boxe e soprattutto le donne con cui si può litigare per strada di colpitori. I colpitori potrebbero salvare una vita. Poi dovremmo dotare le scuole di simboli politici e sponsorizzazioni che evitino di far perdere tempo a chi cresce di venir su con l'idea di avere la possibilità di poter scegliere la propria idea, ma dargliene già una ben confezionata.

Potremmo anche regalare a tutti i bambini più dotati un pallone, in modo che da grandi diventino dei calciatori. A quelli meno dotati potremmo regalare un trono cosicché da grandi potremmo darli in pasto ad una folla di donne starnazzanti per un fidanzato tutto bicipiti.

Alle bambine più dotate potremmo regalare la compilation degli ultimi stacchetti per esercitarsi a fare le veline. A quelle meno dotate potremmo regalare delle sedioline della misura giusta per essere ai piedi di un trono, così da grandi potranno starnazzare dinanzi a possibili fidanzati dai grandi bicipiti. O dinanzi a uomini potenti in cambio di una qualsiasi carriera, magari in politica.

Quelli che proprio vogliono diventare famosi in altro modo potranno andare ad un reality o fare il pubblico in un programma di pseudo approfondimento dove si parlerà dell'ennesimo caso di cronaca nera, con mostri ben confezionati per la diretta accesa sull'indignazione di un pubblico che invoca la pena di morte.

Potremmo fare tutto questo, mentre la nostra classe politica litiga, dimenticando i toni del confronto per abbracciare un nuovo linguaggio più adatto al pubblico che ascolta. Il pubblico fatto di calciatori, veline, corteggiatrici e corteggiatori, tronisti e tro...niste. Un pubblico a cui non interessa il crimine fatto o comunque non interessano tutti i crimini, ma soprattutto a cui non interessano quei crimini promossi, con apposite leggi, a NON PIU' crimini.

Potremmo farlo. Si farebbe forse meno fatica che a dotare il popolo di una nuova consapevolezza, quella che li rende cittadini. Perché i cittadini guardano, pensano, criticano, si indignano e prestano soccorso. Perché i cittadini fanno e il fare costa più fatica dell'indifferenza.

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9 ottobre 2010


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No bel

In una dittatura i dissidenti vengono messi a tacere, ridicolizzati, resi innocui, lasciati soli o messi alla berlina. I modi per farlo saranno diversi, ma quello che più spesso capita avviene attraverso campagne mediatiche guidate dalla dittatura stessa o dagli amici e galoppini che lavorano in maniera diretta o indiretta per essa. I metodi usati saranno leciti o illeciti. E quando qualcuno farà notare i metodi dittatoriali, allora i portavoce ufficiali si affretteranno a definire le illazioni fatte contro, solo come delle “oscenità”. Ci penseranno, poi, i telegiornali a confezionare e a mostrare un paese felice e prospero. E quando non ci riusciranno si parlerà di altro, di gossip per esempio. Si creeranno nuovi vip e miti “terra terra” buoni per una stagione da dare in pasto al popolo.
I dissidenti saranno annientati e poi magari dimenticati. Dimenticati in Patria.
Eppure capita che a volte sia il mondo fuori a ricordarli. A lasciare che quei nomi vengano ancora pronunciati. Capita che sia il mondo fuori ad accendere i riflettori su certe anomalie. E a quel punto che le dittature gonfiano il petto e si mostrano per ciò che sono. Ciò che avviene, allora, è una maldestra censura mediatica, è il dichiarare sanzioni verso chi ha osato alzare il velo dalle cose, o delle cose.
A volte un premio Nobel per la pace serve.
In lizza si dice ci fossero Gianfranco Fini, Emma Marcegaglia e Liu Xiaobo.

Poi Porro, vicedirettore de “Il Giornale” ha fatto una telefonata ad Oslo: “Adesso ci divertiamo, per 20 giorni romperemo il c... come pochi al mondo...”

Ieri il premio per la Pace è stato assegnato a Liu Xiaobo, dissidente cinese. Il Nobel ha sfidato la Cina.
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6 ottobre 2010


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Con il Nastro Rosa

La parola d'ordine è prevenzione. Il mese giusto è questo. Il nemico è il tumore alla mammella.

I numeri spaventano: ogni giorno in Europa colpisce 1096 persone e nel mondo occidentale la sua incidenza è in costante aumento. La malattia fa paura, come qualsiasi altra malattia e più di altre perchè mina la testa e il corpo di una donna, in ciò che la rende più donna. La malattia fa paura, ma ammazza meno di una volta. Non riesce a farlo quando si fa prevenzione.

Io non penso che possa capitare a me e allora non faccio nulla, oggi. Ma se capitasse a me domani?

Ottobre è il mese della campagna con il Nastro Rosa, organizzata dalla Lega Italiana per la lotta ai tumori. Ottobre è il mese per fare una visita diagnostica gratuita. Sono 390 gli ambulatori, distribuiti su territorio nazionale, a cui ci si può rivolgere.

A fare prevenzione dovrebbero essere tutte le donne, perchè in Italia una donna su sette che ha il tumore al seno ha meno di 40 anni e per la fascia d'età al di sotto degli anta il servizio nazionale sanitario non prevede screening. Eppure a salvarci è la diagnosi precoce.

Il tempo di una visita. Un tempo che dobbiamo imparare a concederci.

Per prenotare: www.nastrorosa.it e www.lilt.it o anche il numero verde: 800-998877

Un vecchio “adagio” diceva che: “prevenire è meglio che curare”. Per ciò che riguarda i tumori: “prevenire aiuta a curare”.

 

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