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30 giugno 2011


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Intercettami questo!

Il Pdl chiederà, nella riunione dei capigruppo di Montecitorio prevista per oggi pomeriggio, di riprendere l'esame del disegno di legge sulle intercettazioni messo a punto dal governo.

Dicono che questa legge contro le intercettazioni serve a tutelare la nostra privacy.
Ed io penso: "Che strano!"
Noi che se vogliamo cercare un fidanzato andiamo in tv e seduti su un trono facciamo un casting a fanciulle scosciate o a uomini dal petto lucido e depilato.
Noi che per lasciare un fidanzato andiamo su un'isola deserta a fliertare con un compagno d'avventura per poi salutare il nostro grande amore in diretta via satellite.
Noi che mettiamo al mondo dei figli solo dopo aver chiamato le telecamere della vita in diretta, confondendo il senso metaforico di un titolo di una trasmissione con il senso letterale.
Noi che passiamo mesi e mesi a guardare gli strani equilibri di una casa di rinchiusi pensando che quella sia la realtà, dove l'unico momento di privacy è quello concesso per i bisogni fisiologici.
Noi che se dobbiamo chiedere scusa a qualcuno anziché alzare il telefono chiamiamo un postino e invochiamo l'aiuto della De Filippi che resta a metà strada tra una busta mezza aperta e mezza chiusa.
Noi che se vogliamo rivedere un parente che abita al di là dell'oceano anziché comprare un biglietto aereo scriviamo una lettera alla Carrà per poi piangere in prima serata il sabato sera.
Noi che abbiamo imparato quanto le pupe siano brave a farsi la doccia in topless con movenze da filmetti alla Edwich Fennech (ma almeno il cinema era un'arte, mentre la tv...) e come i secchioni siano sfigati, imbranati e vogliosi. Poi per fortuna mi viene in mente che in questo paese i secchioni non sono gli studiosi e quelli vivono di ricerca e di assegni di borse di studia da 800 euro al mese, o emigrano senza passare in tv.
Noi che compriamo un giornale solo se farcito di gossip per farci gli affaracci di questo o di quell'altro pseudo vip.
Noi che abbiamo confuso la cultura con le chiacchiere da parrucchiere.
Noi che abbiamo telecamere ad ogni angolo di strada, ad ogni banca, ad ogni entrata di negozi, in nome della sicurezza e spesso di una lotta al terrorismo che va sempre in una sola direzione, quella che evidentemente fa comodo a qualcuno.
Poi ad un tratto ci dicono che dobbiamo rispettare la privacy di tutti. Di tutti chi? Politici, mafiosi, furbastri del quartierino, grossi finanzieri, medici truffaldini, banchieri, ministri, dirigenti e chi altri?
La mia privacy? La mia privacy non passa attraverso una legge bavaglio.
Di cosa abbiamo paura? Che qualcuno ascolti le telefonate con nostra madre, in cui lei si lamenta del nostro poco ordine, o in cui ci dà la ricetta della parmigiana di melanzana?
Di cosa abbiamo paura? Che qualcuno ascolti le telefonate con un nostro amico mentre ci lamentiamo di aver preso l'ennesimo due di picche? O quella con una nostra amica in cui le confidiamo che l'incontro della sera prima è andato alla grande?
Di cosa abbiamo paura? Che scoprano i nomignoli che diamo ai nostri compagni o come riusciamo a diventare feroci quando litighiamo?
La Privacy.
Richiamo di perdere qualcosa, forse sarebbe ora di capire cosa.
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21 giugno 2011


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Nocera Inferiore non è mica Atene!

Qui ad Atene facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene facciamo così.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come atto di privilegio, come una ricompensa, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell'universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è di buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così. (*)

Qui non siamo ad Atene, ma a Nocera Inferiore.
Qui a Nocera votiamo, per essere uguali agli altri e per usufruire della democrazia come in qualsiasi altro paese.
Qui eleggiamo il consiglio comunale e un sindaco, ma capita che la maggioranza abbia un colore e il sindaco un altro.
Proviamo a fare chiarezza: alle scorse amministrative si presentano tre candidati: Adriano Bellacosa, per il Pdl e diverse liste civiche; Manlio Torquato, appoggiato da Fli, Udc e alcune liste civiche e Felice Ianniello, per il Pd, Idv, Sel e altre liste.
Al primo turno il Pdl con le sue liste raggiunge il 58% con conseguente maggioranza assoluta di 15 seggi su 24, ma il candidato Adriano Bellacosa si ferma al 47%. Si va al ballottaggio. Bellacosa sfida Manlio Torquato (la sua coalizione aveva ottenuto 6 seggi) e perde. Torquato diventa sindaco superando il 56% delle preferenze. Gli elettori scelgono lui, ma il Pdl no.
Al primo consiglio comunale Bellacosa Adriano, Spinelli Federico, Giordano Giancarlo, Rosati Giovanni, De Vivo Luigi, Della Porta Alfonso, Siciliano Eugenio, Caliendo Luisa, Cuomo Antonio, Barba Pasquale, Barile Chiara Francesca, De Prisco Francesco, Alfano Antonio, Iannotti Vincenzo, Giordano Renato, consiglieri di maggioranza (o di opposizione?) sfiduciano il sindaco, ancor prima che che si comincino i lavori con la seguente motivazione: il sindaco propone una giunta troppo politica e poco tecnica. Manlio Torquato sarà molto probabilmente il sindaco dal mandato più breve della storia d'Italia.
Succede così che 15 consiglieri eletti dai cittadini, stracciano il voto di 15.059 elettori, che forse confondendo la politica con il calcio, dopo la promozione, sono diventati elettori di serie B, consegnando di fatto la città ad un possibilissimo nuovo commissariamento.
Prima però si fa in tempo a votare un punto dell'ordine del giorno voluto dal Pdl: la partecipazione del comune di Nocera Inferiore alla costituente regione autonoma del "Principato d'Arechi".
Qui non siamo ad Atene, ma a Nocera Inferiore.
Noi siamo 15 consiglieri di maggioranza (o di opposizione?) e questo sindaco eletto liberamente dei cittadini come in qualsiasi normale democrazia non ci piace. E via!
Noi (del Pdl con le sue liste) a Nocera Inferiore facciamo così.


(*)Brani tratti dal "Discorso agli Ateniesi" di Pericle, 461 a.C.
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18 giugno 2011


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Se l'Italia si facesse a Pontida...

Il futuro di questa Italia si decide a Pontida! 
Noi siamo qui ad aspettare di vedere che direzione prende quel pollice verde!
Berlusconi in confusione ha cominciato già a promettere più aiuole per tutti.
E il popolo della Lega si è messo in cammino, insieme ai medici e ai sacerdoti, nel caso questo raduno dovesse diventare una veglia funebre. Sono pronti a tutto! Persino all'estrema unzione con le sacre acque del Po, s'intende.
Il guaio è che la Lega ha piazzato le navi proprio davanti a Villa Certosa, e lì troppo vicino al Cavaliere, facendosi due conti si capisce che nella battaglia navale delle ultime tornate elettorali, questi un pò sono stati colpiti anche se non del tutto affondati.
"Cavaliere come va con la Lega?"
"Sa, io sono un'inguaribile ottimista!"
"Ascolti con attenzione Pontida".
Le richieste di Pontida le urlerà con voce ferma solo Bossi. La strategia è chiara: il governo potrà poi dire: "Scusate, non avevamo capito!"
Ma Bossi sarà irremovibile: via dalla Libia e se proprio vogliamo attaccare qualcuno prendiamo l'Oceania, che nessuno se la fila, ma sia chiaro che vogliamo essere i primi a scegliere il colore delle armate e a tirare i dadi a Risiko. Poi vogliamo Viale dei Giardini e Parco della Vittoria, pagandoli come Vicolo Stretto e Vicolo Corto, e vogliamo concessioni edilizie e condoni per gli abusi. Poi vogliamo i neri "fora dei ball", ma anche gli arancioni cominciano a starci un tantino sul culo. Vogliamo la riforma della politica e del suo linguaggio. Vogliamo poter dire stronzo allo stronzo, cazzo quando non abbiamo un cazzo da dire, esprimerci con le pernacchie e vogliamo che immigrato diventi un insulto. Oppure vogliamo un traduttore che sappia interpretare i nostri gesti e i nostri gorgheggi, sperando che almeno lui trovi dei sensi compiuti. Vogliamo Fini alla gogna e la Bindi al rogo. Vogliamo che sia sancita l'intelligenza delle trote. O almeno di una. Vogliamo un nord più verde senza piantare alberi. Vogliamo che Berlusconi torni alla politica e lasci perdere le donnine. Vogliamo che le suddette donnine sappiano che noi ce l'abbiamo duro. Provare per credere! Vogliamo le mosche, ma non le moschee. Vogliamo i ministeri a Milano, un parcheggio, a tre piani, di auto blu in piazza Duomo e vogliamo il Colle nella pianura padana. Vogliamo essere riconosciuti come l'Italia migliore, anche se siamo un tantinello precari in questo momento. Vogliamo rispondere alle sberle con i manganelli appellandoci alla legittima difesa. Vogliamo cambiare l'inno! Meglio cantare "Va pensiero" che "l'Italia s'è desta!" , che poi qualcuno si desta davvero. Vogliamo delle risposte giuste, o almeno delle domande giuste! Vogliamo imboccare una strada nuova, perché su quella vecchia abbiamo già battuto abbastanza! Vogliamo una soap! Chiediamo che "Un posto al sole" sia sostituito da "Un posto al sole... delle Alpi". Insomma, vogliamo esattamente ciò che ci spetta!

Il miglior augurio arriva da Bersani: "Che questo appuntamento di Pontida aiuti la Lega ad andare a fondo... del problema!"
Noi aspettiamo la differita del Tg1, nel caso ne venga data una notizia.
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15 giugno 2011


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Cornuti e mazziati

E' un pò come darsi la zappa sui piedi. 
E' un pò come dare del cornuto all'asino.
E' un pò come ammettere che non hai capito un tubo.

In democrazia i governi sono transitori. Durano il tempo di una legislatura, a volte anche meno e a volte anche più, nel caso di ri-elezioni, ma appunto devono essere rieletti. Quindi non sono per sempre e se non sono per sempre sono a tempo determinato e se sono a tempo determinato potremmo dire che in un certo senso sono precari. E a tempo determinato lavorano i ministri e quindi anche i ministri sono dei precari. E in questo momento sempre più precari, visto il vento che tira. Perché tira vento e fare certe affermazioni è come soffiare sul fuoco. 
Possibile che Brunetta non ci arrivi?!
Poi lo guardi ed è tutto chiaro: "no, non ci arriva!"
"Questi precari sono la peggiore Italia!".
Poi cosa farà? Sputerà in aria e rimarrà lì a guardare immobile dove cadrà lo sputo?

Poi c'è Stracquadagno, che straguadagna e straparla e che, in una calda giornata di giugno con le sue affermazioni che sembrano fare eco a Brunetta mi ricordano il film: "Scemo e + Scemo".
"Perché su internet noi non vinciamo? Ma scusate ragazzi, hanno un esercito che alle 2 del pomeriggio va a casa e non fa un cazzo!"
Lui in parlamento fa otto ore più gli straordinari?

A questo punto forse dovremmo esaudire i desideri della Lega: "Basta con le sberle."
Qualcuno dovrebbe cominciare a prenderli seriamente a calci nel sedere!
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13 giugno 2011


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L'uomo in più. O la donna in più.

Alle 11:53 del 12 giugno mi sono messa in fila nel mio seggio. Volevo rientrare nel dato dell'affluenza delle 12, il primo dato di "entusiasmo", quello che avrebbe dovuto dire: "ce la possiamo fare!"
Ho aspettato le 19 e ho ascoltato i nuovi dati, mi sono chiesta se fossero buoni.
Alle 22 ho riguardato i numeri. Promettevano bene. Sopra il 41%.
Io avevo già votato, e non avevo nessuna possibilità di votare nuovamente e questo significava una sola cosa: non sarei stata il +1.
Ho provato a immaginarlo allora quel +1.
Sarà il fuorisede tornato a casa per votare, rimasto anche il lundì.
Sarà la mamma andata a votare nella scuola accanto al supermercato prima di andare a fare la spesa.
Sarà il pensionato che non ha mai mancato una votazione, che non ha mai smesso di pronunciarsi da buon cittadino.
Sarà l'impiegata uscita prima dal lavoro per votare e che poi torna a casa a mangiare un boccone.
Sarà la giovane donna incinta, con una pancia di 9 mesi e il primo figlio in arrivo, che deve davvero guardare al futuro e non solo al proprio.
Sarà la mamma che ha appena dato alla luce una bimba, proprio mentre si aprivano le urne, e adesso vota dalla corsia di un ospedale.
Sarà quello che diceva: "no, io non voto. Io non ci credo ai referendum. Io mi fido di quello che decidono gli altri" e che poi ha cambiato idea.
Sarà il diciottenne che vota per la prima volta. E la prima volta non si scorda mai.
Sarà la ragazza che ha appena comprato casa e che qualche mese fa aveva chiesto la residenza in una nuova città e adesso si ritrova con una nuova scheda elettorale, con un timbro e un mutuo.
Sarà quello che al mare ci è andato, che è tornato e che non voleva rinunciare ad un'occasione.
Sarà il blogger che ha passato quasi due giorni a scrivere i suoi post su quello che stava succedendo e accidenti se è volato il tempo di questi due giorni.
Sarà quello che a votare non sarebbe mai andato, ma ormai s'era capito come sarebbe andata e allora tanto valeva essere lui quel +1.
Saremo noi che adesso felici potremmo metterci davanti al televisore e con il nostro più bel sorriso stampato in volto aspetteremo di vedere il TG1 e il TG4 dare i numeri!
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10 giugno 2011


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Referendum si e no. Ma non forse!

Prima i referendum erano quattro. Poi si è detto che sarebbero diventati tre, perché si rinunciava al nucleare senza ricorrere al parere dei cittadini. Poi si è scoperto, o meglio ci è stato detto dal nostro premier, che era tutta una fregatura, perché gli animi erano suscettibili per la tragedia del Giappone e allora era meglio congelarlo il nucleare e rinunciare solo momentaneamente alle centrali, il tempo che la coscienza civile tornasse assopita come sempre. Poi c'è stato un ricorso e la cassazione ha sancito che si votasse per questo referendum e allora i referendum sono tornati ad essere quattro, ma con una modifica al testo. Poi c'è stato un ricorso alla sentenza di cassazione e allora si è temuto che i referendum tornassero tre. Poi c'è stato la sentenza al ricorso e i referendum, ora, sono definitivamente quattro. 
Ci è stato detto che si vota il 13 e il 14 giugno, anzi il 12 e il 13 agosto. Ci è stato detto che i referendum sono inutili, che il voto è politico, che il voto non è politico. Ci è stato detto che noi cittadini siamo liberi di poter decidere se andare o meno alle urne (ma và?!), ma qualcuno ci suggerisce di andare al mare, di stare a casa, di dire si, di non dire no, di non dire nulla. Poi ci è stato detto che mancherà il quorum, poi ci è stato detto che si potrebbe raggiungere il quorum, poi hanno cominciato a votare all'estero, poi forse i voti dei connazionali fuori dall'Italia non valgono (per il nucleare), perché tra le modifiche del quesito dopo i ricorsi ai ricorsi si sarebbe dovuto ricorrere ad una nuova scheda. Ci è stato detto che questo potrebbe modificare proprio quel quorum. Ci è stato detto che Bossi non voterà, che Brunetta non voterà, che Berlusconi non voterà. Insomma quelli eletti in  maniera democratica rinunciano ad esprimersi (lasciando che i cittadini che voteranno si esprimano) democraticamente. Ci è stato detto che questi referendum sarebbero potuti essere accorpati  alle elezioni comunali e provinciali dei giorni scorsi per risparmiare un bel pò di soldi. Ci è stato detto che invece non era il caso. Ci è stato detto di dire si per dire no e di dire no per dire si, manco se i quesiti referendari fossero stati scritti da una donna. Ci è stato detto che Bersani voterà, che Di Pietro voterà, che Fini sarebbe contento se si raggiungesse il quorum. Ma non ci è stato detto nulla dal Ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che però discutendo "zitto zitto" con Tremonti e Bonaiuti un pò di tempo fa aveva detto: "È finita, non possiamo mica rischiare le elezioni per il nucleare. Non facciamo cazzate. Bisogna uscirne, ma in maniera soft. Ora non dobbiamo fare nulla..."
Ci hanno detto che bisogna avere fiducia di chi ci amministra. Ci hanno fatto credere che quella fiducia non va mostrata esprimendosi, magari con un no, perché chi non vuole votare si può votare no.  Eppure c'è chi dice che, stavolta, è il caso che fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. 
Insomma ci hanno detto di tutto, ma ci hanno informato poco o niente, finché hanno potuto.
In ogni caso, domenica e lunedì potrebbe piovere. Governo ladro!

http://www.referendum-2011.info/
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9 giugno 2011


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Stiamo lavorando per noi

Quando ce vò, ce vò!
Voi immaginatevi una donna che va a fare shopping. Si compra un paio di scarpe, un abitino nuovo, poi passa dal parrucchiere, messa in piega, si mette un nuovo rossetto e poi si presenta così ad un aperitivo con gli amici. Sapete quale sarà la prima cosa che dirà?
"Allora, come sto?!"
E fare la "fatidica" domanda è un rischio perché tutti potranno dire: "Stai benissimo!", ma alla fine le innocenti bugie, così come le piccole ipocrisie si riconoscono sempre.
Ed io stamattina ho espresso un desiderio: un bel vestito nuovo! E non per me, ma per noi. Ovvero un nuovo vestito a questo contenitore di parole, pensieri e considerazioni assurde che divido con chi passa di qui. Detto, fatto!
E a chi passa di qui, oggi chiedo: "che ve ne pare?"
Il rischio adesso è duplice: non tanto quello di ricevere critiche e stroncatura, ma quello di non riceverne affatto! Di sapere che in questa "comunità", dove ci si incontra col pretesto di fare considerazione assurde su ciò che di assurdo ci propone la realtà, sono sola! E questo sarebbe una sòla!
Per cui bando alle (mie) ciance, e cominciate con le vostre.
Prometto di essere forte!
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7 giugno 2011


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Miss, mia cara Miss...

Non ho nulla contro i concorsi di bellezza, perché sfilare, posare, ballare, ammiccare, sorridere e sculettare poi, forse, non è così disdicevole, o così "osceno". La parte oscena arriva dopo: le dichiarazioni della neo Miss. E se è vero che l'occhio vuole la sua parte, l'orecchio no, lui non chiede nulla, anzi il silenzio sarebbe di gran lunga meglio.
Però la corsa al neo Miss pensiero arriva lo stesso, puntuale.

Jessica Brugali di Albino, Bergamo, è la tredicesima miss Padania. Diciotto anni e nessuna ipocrisia.
Cara Jessica, com’è andata?
«Una faticaccia. Una settimana intera di prove su prove. Ma è stata una grande soddisfazione».
Certo, hai vinto.
«Non solo per quello. Ho imparato tantissime cose. Credo di essere cresciuta».
Cresciuta in cosa?
«Nel carattere».
Dall’anno prossimo potranno partecipare anche ragazze del Sud ed extracomunitarie.
«Secondo me non è giusto.
Non è giusto?
«Se è miss Padania, non è giusto che partecipino i “terroni”».
Ci saranno anche le extracomunitarie.
«Non è proprio giusto».
Serviranno dieci anni di residenza e cittadinanza.
«Sbagliato lo stesso. L’aspetto fisico conta. Una con i capelli, gli occhi neri e i caratteri mediterranei non c’entra proprio nulla con la Padania».
Quindi tu non parteciperesti a miss Italia.
«Ho partecipato due volte alle selezioni, ma non mi è piaciuto proprio. E me ne sono andata io».
Secessione estetica?
«Guardano solo la bellezza. Non va bene».
A miss Padania non sarete mica tutte cervelloni.
«Certo che ci vuole le bellezza, ma anche il talento. È un concorso che fa crescere. Psicologicamente».
Tu studi?
«Quarto anno del liceo linguistico».
Ora serate, interviste e servizi fotografici?
«Voglio prima finire il liceo».
E poi?
«A settembre mi piacerebbe iscrivermi a una corso di recitazione. Ma continuerò sempre a studiare».
Perché sei miss Padania?
«Perché sono bionda, chiara. Ho i caratteri del Nord. Non ho i tratti mediterranei».
Non parlavo del fisico.
«Sono solare e ho tanta voglia di fare. Di raggiungere i miei obiettivi».
Dici che al Sud non hanno voglia di fare?
«Magari sì. Sono più svogliati, noi del Nord siamo meno lazzaroni».
Quelle del Sud devono andare a miss Italia?
«Per miss Padania bisogna avere le radici nel Nord. Niente padre terrone e magari la mamma settentrionale».
Umberto Bossi non è venuto. Delusa?
«Un po’. Aveva sempre premiato lui. Mi hanno detto che era impegnato con la politica. Fa nulla».
Ti piace la politica?
«Sono una ragazza di 18 anni».
Se ti chiedessero di candidarti?
«È troppo presto».
Bossi è un buon politico?
«Lui e la sua squadra fanno il bene del Nord. Giusto».
Ma l’Italia è un po’ più grande del Nord.
«Io sono del Nord ed è chiaro che faccio il tifo per il Nord. Questa è la mia terra, non me lo dimentico».
Bossi e Berlusconi non sono andati bene alle ultime elezioni.
«Gli italiani hanno frainteso. Non hanno capito bene la campagna elettorale».
Ora cosa devono fare Bossi e Berlusconi?
«Non devono perdere la fiducia. Devono essere determinati e andare avanti».
A far cosa?
«Il bene del Nord». (*)

Miss, mia cara miss, ma ci faccia il piacere! E poi con le bionde siciliane come la mettiamo?


(*) Giannino della Frattina, IlGiornale.it
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1 giugno 2011


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Sorride bene, chi sorride ultimo

Che brutta cosa che è la democrazia. E non solo perché una bella domenica mattina ti devi alzare, lavare, vestire, cercare la tessera elettorale e trovare il tempo per andare a votare, ma perché la democrazie non dà certezze.
Non dà la certezza di sapere che tutti, sempre, rideranno alle tue battute.
Non dà la certezza che il tempo della festa e dei festini sia illimitato.
Non dà la certezza degli inchini e delle riverenze.
Non dà la certezza che il popolo sia suddito.
Non dà la certezza che le donne siano escort.
Che brutta cosa che è la democrazia. E non solo perché qualcuno possa contestarti, perché tanto che importa? Ce ne sarà sempre qualcuno pronto ad applaudire e poi ci penseranno le tv a mostrare solo quelli gaudenti e sorridenti.
Ma che brutta cosa che è la democrazia. Perché in democrazia puoi trovare qualcuno che decide di non dover per forza compiacerti, e se si tratta di donne, allora puoi trovare chi non vuole per forza sorridere per compiacerti, perché le donne sorridono e ammiccano per compiacerti. Ma non sempre in una democrazia.
Che brutta cosa che è la democrazia, perché si palesa proprio laddove ti sentivi consacrato e legittimato, dinanzi alle urne e ha il viso e i modi di una giovane scrutatrice, custode delle regole democratiche, un viso che lei mostra a chiunque, con i modi con cui lei si pone con chiunque.
Che brutta cosa che è la democrazia, che nel tempo di una stretta di mano e di uno scambio di battute ti racconta la stanchezza di tanti cittadini.
Che brutta cosa che è la democrazia, che rende il tuo potere decisionale simile e con lo stesso peso del valore decisionale di chiunque altro in democrazia.
Che brutta cosa che è la democrazia quando sono le labbra tirate di una giovane fanciulla a dirti senza parlare che stavolta perderai, perché ci si è resi conto che nel paese del Bunga Bunga non c'è niente da ridere. 
Che brutta cosa che è la democrazia quando, nonostante tutti gli sforzi, è rimasta democrazia.
Ma che bella cosa che è la democrazia, perché in democrazia non solo si può decidere quando sorridere, ma a chi regalarlo il tuo sorriso.
 

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