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29 giugno 2012


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La finale e la fine del boicottaggio

La democrazia resta in carcere, mentre i politici andranno in tribuna vip. 
Bella l'Italia in finale! Che fregatura l'Italia in finale! Che imbarazzo, questi europei.
Vuoi vedere che siamo finiti nella finale sbagliata? Perché ci sta tifare e gioire per una partita di calcio, per una nazionale su cui nessuno avrebbe scommesso, a parte Buffon dico. Del resto l'italiano è così: il calcio è religione. E' motivo di riscatto, anche quando il riscatto col calcio c'entra ben poco. E' memoria spesso corta e le vittorie puliscono molto di più dei colpi di spugna. E' la gioia che ci fa dimenticare della crisi, restando in crisi. E' lo specchio dei tempi, con squadre che diventano multirazziali, mentre nel quotidiano gli extracomunitari restano e diventano sempre più extracomunitari. E' la possibilità di cambiare velocemente idea, e considerare quegli undici giocatori undici coglioni durante il primo tempo e undici eroi nel secondo. Poi, la prossima partita si vedrà. E' l'occasione per combattere il razzismo, perché gli esaltati del calcio, persino quelli dei cori offensivi si ritrovano a gioire per la rete di un italiano, un italiano nero. E' il momento per mettere da parte le grandi battaglie ideologiche e non e l'idea del boicottaggio per tirare fuori la bandiera, chiamare gli amici, riempire il frigo di birra e ordinare le pizze. Del resto l'italiano è così: il calcio è religione. E sapete che vi dico: alla fine è anche giusto che sia così. Certo, per me, sarebbe meglio prendersi meno sul serio e provare a divertirsi, pensando che il calcio resta pur sempre solo un gioco. 
Quindi bella l'Italia in finale! Che fregatura l'Italia in finale! Che imbarazzo, questi europei. 
Che imbarazzo questi politici che per una partita di calcio corrono a Kiev per sedersi in tribuna vip. Mario Monti ci sarà, Mariano Rajoy ci sarà, il principe Felipe ci sarà. Magari Giorgio Napolitano ci torna.
A me, invece, sarebbe piaciuti pensarli in un pub, davanti ad una pizza, tutti a casa di Mario (Monti) con le birre fredde, magari a palazzo reale dal principe, chessò davanti ai fornelli di Rajoy a preparare tortilla spagnola, sul colle a far casino al Quirinale.
I giocatori ed i tifosi, forse, non devono cambiare il mondo. I politici dovrebbero migliorarlo. 
Chissà se alla Tymoshenko lasceranno, almeno, guardare la partita.
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27 giugno 2012


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Giorni di ferie

Oh, tutti gli anni la stessa storia! Tutti gli anni la stessa polemica: le ferie. E il problema a volte è la destinazione, altre volte il budget, altre volte la durata, stavolta è la partenza! La data entro la quale possiamo ritenerci liberi di fare la valigia, di spegnere il computer, di abbandonare la scrivania, l'ufficio, le camere, il parlamento. E sia ben chiaro che io fino al 12 - 13 di agosto non ho nessuna intenzione di lavorare! Io l'11 chiudo, che poi dopo è anche il mio compleanno ed io non ho mai lavorato il giorno del mio compleanno. No, io ho due settimane e ho voglia di godermele tutte, e non mi vedrete fino al 26 di agosto, che le ferie me l'hanno già firmate e non è voglia di fare un cavolo è semplicemente che le ferie sono un diritto ed io ci tengo ai diritti, che poi di me potete farne a meno, che tanto nessuno ci sarà in quei 15 giorni e che non mi schiero con Polillo e sull'idea di rinunciare ad una settimana di ferie per un punto di Pil, no, non mi convincerete! Ma poi rinunciassero loro ai loro stipendi e alle loro ferie, che ci stessero loro a lavoro fino al 12 - 13 di agosto e allora si che potrei decidere di fare ulteriori sacrifici anch'io, che mi diano il buon esempio!  A cominciare da Cicchitto! Così, per dirne uno.
Cicchitto: "Io ve lo dico: se ci volete far stare qui fino al 12 - 13 di agosto, sono problemi vostri... A quel punto ve la dovrete trovare voi una maggioranza: in bocca al lupo! Che poi io ho le vacanze a due ore di qui e non ho grossi problemi, ma poi non ci sarà nessuno." Alla faccia del Pil, alla faccia dell'esempio, alla faccia della faccia di bronzo, alla faccia mia! E vuoi vedere che per qualche giorno di ferie mi si apre la crisi di governo? E poi chi lo dice a Polillo che è tutta colpa di Cicchitto che non vuole lavorare? E del resto si sa, il lavoro non è un diritto, ma va conquistato e questi qui pensano di conquistarsi solo qualche giorno di ferie in più, come se fosse un loro diritto.
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26 giugno 2012


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Querela il blogger

A volte ritornano. Le questioni sempre aperte, su cui puntualmente si torna a disquisire. Quelle su cui ognuno deve aggiungere qualcosa alla luce dei nuovi avvenimenti. In questo caso ci si chiede se i blogger sono pericolosi e per chi. Capita di soffermarsi su certe quisquilie, bazzecole, pinzellacchere, sciocchezzuole, se quello che si scrive può risultare indigesto, seppur vero. Capita di soffermarsi su certe quisquilie, bazzecole, pinzellacchere, sciocchezzuole, se il soggetto di cui si scrive storce il naso, contrae la bocca e muove la mascella e prova a mangiarti soprattutto perché, magari da blogger, sei meno protetto e più facile da attaccare e spaventare, seppure quello che scrivi è vero. Capita di soffermarsi su certe quisquilie, bazzecole, pinzellacchere, sciocchezzuole, quando un politico fa quello che gli riesce meglio: badare e conservare i propri privilegi da casta, utilizzando i tribunali chiamati ad esprimersi sull'onta scritta ricevuta, anche se poi quello che scritto risulta vero, ma tanto campa cavallo che l'erba cresce e nel frattempo il blogger è indagato per diffamazione. 

Quisquilie, bazzecole, pinzellacchere, sciocchezzuole, quelle per cui il senatore e avvocato del Pdl Franco Mugnai ha querelato Massimo Malerba (il Post Viola), che ha avuto la malaugurata idea di scrivere di queste quisquilie, bazzecole, pinzellacchere, sciocchezzuole, che sarebbe stato meglio tacere?

«C’è riuscito Franco Mugnai (Pdl) ad evitare che quella norma a suo avviso “iniqua”, che prevedeva il dimezzamento dello stipendio per i parlamentari con doppia attività, entrasse nella Manovra. Certo ha dovuto sudare, ha dovuto lavorare un’intera settimana andando avanti e indietro per le stanze del Palazzo a raccogliere firme tra i senatori di entrambi gli schieramenti sostenendo sempre la stessa tesi: “Giù le mani dalle nostre indennità”. Un’attività frenetica che gli ha tolto il sonno ma che la fine ha pagato. Il provvedimento non è passato, seppure fosse stato già approvato dalla commissione Bilancio. Al contrario dell’aumento dell’Iva (385 euro in più all’anno a famiglia), della cancellazione dell’articolo 18 e dell’aumento dell’età pensionabile che invece i senatori hanno approvato prontamente perché è necessario stringere la cinghia. E’ necessario per noi ma non per loro, chiaramente. Adesso possono stare tranquilli i deputati e i senatori con doppia attività (tra cui l’avvocato Mugnai): non dovranno più dimezzarsi lo stipendio parlamentare. E sennò che Casta sarebbe. Tanto chi se ne accorge».


Si, certi blogger vanno fermati. Perché pericolosi? No, perché scrivono cose che potrebbero essere vere.
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20 giugno 2012


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#SAVE 194

Ma credete davvero che questo fosse un paese migliore quando si abortiva illegalmente?
Perché la questione diventerà questa. Perché se si mette a repentaglio una legge tanto da doverla ridiscutere, tanto da poter pensare di metterla in dubbio si continuerà ad abortire e si ricomincerà a farlo come si faceva prima della legge 194.
Così oggi la Corte Costituzionale dovrà esprimersi sul quesito di legittimità costituzionale sollevato da un giudice che si rifaceva ad un pronunciamento della Corte di giustizia europea che definisce l'embrione come "soggetto da tutelarsi in maniera assoluta". E cosa potrebbe succedere se questa linea dovesse passare? Tuteliamo un soggetto embrione prima di tutelare una persona, ovvero la donna, la madre? Non sarebbe come continuare a ragionare se è nato prima l'uovo o la gallina? Tuteliamo un essere che sarà prima di tutelare un essere che è? E la libertà di scelta? La libertà di scegliere qualcosa che riguarda il nostro corpo, la nostra salute può passare attraverso il dubbio di un giudice? E' davvero così sconveniente, così orribile, così aberrante continuare a difendere una legge che non trasforma una donna in un'assassina se decide di prendere una scelta dolorosa. L'idea della vita in assoluto può essere sufficiente per decidere della vita e delle scelte di una persona? Io non lo so. Le domande così grosse, forse, non mi sono mai piaciute e sicuramente non mi piacciono adesso, ma mettere in discussione la legge 194 per qualcuno potrà essere un modo per schierarsi a favore della vita, a me sembra solo un modo per schierarsi contro l'essere umano. Nel senso di restare umani.
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14 giugno 2012


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#salvaiciclisti e il mio piede sinistro

#salvaiciclisti da una giornata cominciata con il piede sbagliato.
#salvaiciclisti dai furgoncini che mentre sei ferma ad un semaforo rosso ti passano su un piede.
#salvaiciclisti dagli automobilisti distratti, ma che per fortuna non scappano, anzi chiamano un'ambulanza. Almeno non ti tocca imprecare per l'omissione di soccorso.
#salvaiciclisti dagli automobilisti e motociclisti che vanno di corsa e usano il clacson mentre tu cominci a sentire il dolore e ringrazi chi invece ha deciso di dedicarti del tempo per soccorrerti. 
#salvaiciclisti dalla preoccupazione di: "dove legate la mia bici?" mentre ti caricano sull'ambulanza e ti portano via senza capirci granché!
#salvaiciclisti dalle attese al pronto soccorso, perché per fortuna sei solo un codice verde e chissà quando ti faranno una radiografia, ma nel frattempo, almeno, mi date del ghiaccio?!
#salvaiciclisti dalle brutte notizie. E infatti il piede non è rotto, ma una frattura c'è e allora niente tacchi per almeno 20 giorni. E chi se ne frega dei tacchi?!
#salvaiciclisti dai verbali degli incidenti redatti dai vigili che usano espressioni del tipo: "la stessa si fermava al semaforo in quanto l'apparecchio emanava luce rossa..." mentre tu pensi che oltre a passare sul tuo piede, qui qualcuno passa sulla lingua italiana.
#salvaiciclisti dall'Inail che non considera un incidente avvenuto mentre tu, ciclista, ti rechi al lavoro come un incidente sul lavoro o, come si dice, "in itinere" e che per questo ti nega la copertura assicurativa, perché l'indennità non è prevista se si usa un mezzo proprio (la bici) il cui uso non è ritenuto necessario. Così come sarebbe successo se fossi stata in macchina o in moto. L'infortunio è riconosciuto, invece, nel caso ci si muova a piedi o con i mezzi pubblici.
#salvaiciclisti dalle cose che non cambiano mai, dal considerare la bicicletta un mezzo come l'auto o la moto, mentre magari tu la bici la usi anche per inquinare meno e per dare una mano al traffico e perché andare in bici ti fa sentire bene, meglio. Se non ti passano su un piede.
#salvaiciclisti da quella paura che può arrivare dopo un incidente e che può tenerti lontano dalle due ruote, perché magari non è così facile tornare in sella.
#salvaiciclisti e questo piede che per adesso se ne deve stare a riposo, perché ho voluto la  bicicletta e mo' non posso pedalare.
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12 giugno 2012


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Miracolo a Milano!

Miracolo! La Madonna mi ha parlato! Ed io non l'avevo nemmeno invocata! Già, io avevo solo acceso la radio e mi facevo i fatti miei, ascoltavo una stazione laica e poi eccola lì, senza che io cambiassi frequenza, stazione. Lei è entrata nella programmazione, ha scavalcato il palinsesto! "Gesù!", mi è venuto da urlare! Ero su Radio Maria, anzi Radio Maria era sopra di me.
Pochi attimi, poi tutto è tornato normale, ma i miracoli si sa, non durano mai in eterno. E' tornata Radio Popolare e vabbé, tanto che mi sarò persa?
Mi ero persa uno spot radiofonico. Radio Maria mi aveva salvato dal diavolo consumista tentatore? No, perché lo spot non vendeva nulla. Lo spot informava, lo spot avvisava che c'è una raccolta firme lanciata a Milano per chiedere al comune di istituire il registro dei testamenti biologici. Lo spot diceva: "Io scelgo".
Ed io scelgo, scelgo di fare il testamento biologico, perché è un mio diritto, perché è un atto di civiltà, perché è un atto di libertà. Perché scegliere della propria vita e della propria morte è giusto. Per me è giusto.
Miracolo! Lo spot sono riuscita a sentirlo lo stesso e so che posso scegliere! Ma non mi venite a dire che poi, per questo, la Madonna piange. Non ci crederei nemmeno se lo sentissi per radio!
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11 giugno 2012


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Calcio agli europei

Ci diranno che il calcio è solo un gioco, ma ad un gioco si può decidere di non giocare. 

Si sarebbe potuto dire: non gioco più, me ne vado. Perché non gioco in un paese che compie uno sterminio di cani per rendersi presentabile agli occhi di un'Europa che accorre per un gioco. 
Che, poi, però, molto sappiamo di questo sterminio dei cani e tanto ci siamo e ci stiamo indignando e a ben donde! Grazie al tam tam sui social network, agli spazi in diverse trasmissioni radiofoniche che ne hanno parlato, alle tv? Magari qualche tv, che non guardo? E per fortuna se ne parla.

Si sarebbe potuto dire: non gioco più, me ne vado. Perché in un paese famoso anche per il turismo sessuale e tristemente famoso per il numero crescente di casi di AIDS, forse diventa un tantino rischioso mandarci folle di tifosi, che si muovono in nome di un gioco e con in testa l'idea di giochini.
Che, poi, però, ti vuoi preoccupare di folle di giovani adulti che viaggeranno con sciarpetta, bandieroni, gagliardetti, birrozza e preservativi? Vuoi indignarti per chi pratica il lavoro più antico del mondo? Che ne parliamo a fare?

Si sarebbe potuto dire: non gioco più, me ne vado. Perché un paese che allontana dal centro rimesso a nuovo quei bambini indigenti, portandoli in chissà quali periferie, perché stridono con il nuovo arredo urbano, arredato per un gioco, è un centro che non vale la pena visitare. 
Che, poi, però, i bambini fanno casino, si sa. E sui social network sembra che ci si riesca ad indignare più facilmente per quei cuccioli che vanno a quattro zampe, che per questi cuccioli che invece di zampe ne hanno solo due. Come se fosse un problema di zampe.

Si sarebbe potuto dire: non gioco più, me ne vado. Perché un paese dove l'ex premier ed ora leader dell'opposizione, Julia Timoshenko, viene tenuta in carcere accusata di varie illegalità e a cui viene negato, di fatto, il diritto di difendersi adeguatamente non è un paese democratico. E non si gioca in una finta democrazia. 
Che, poi, però, chi ne parla di questa donna, di questa Timoshenko? Nemmeno Grillo, forse. E allora perché dovremmo occuparcene noi, che c'abbiamo già i nostri problemi con le nostre democrazie e, comunque, a me, di link per qualche petizione in suo nome non me ne sono arrivati, nemmeno una postilla in coda con asterisco a nessuna forma di indignazione per quei troppi, poveri cani sterminati per un gioco.

Si sarebbe potuto dire: non gioco più, me ne vado. Anzi non vengo, almeno finché non avrò capito se di gioco si può ancora parlare e si può tifare. O se davvero il nostro gioco è un gioco truccato. 

Vi diranno che il calcio è solo un gioco e allora a qualcuno verrà voglia di dire: "Boicottiamolo!"
Non vi illudete, non sarà possibile.

Però il calcio può dimostrare di essere uno sport e lo sport può provare a cambiare le cose, ad accendere riflettori tra un calcio e l'altro su quei cani morti, quei bordelli che spuntano come funghi, quei bambini troppo indigenti per mendicare in città, per quella parte di democrazia che è in carcere. Voi dite che lo faranno? In Italia sarebbe meglio non scommetterci.

Ci diremo che il calcio è solo un gioco e allora, si: boicottiamo!
Non ci illudiamo, non è possibile.
Lo so, perché io non ho visto nemmeno un minuto di questo gioco, ma l'Italia ha pareggiato 1a1 con la Spagna e lo so perché l'ho letto sulla bacheca di quel tale che fino a stamattina postava, indignato, i link di quei poveri cani sterminati.
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4 giugno 2012


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Il (mio) terremoto.

Quasi tutti abbiamo un terremoto.
I siciliani, i friuliani, quelli che vivono in Umbria, gli abruzzesi, gli emiliani. Io sono campana e il mio terremoto è quello del 1980. Avevo due anni.
Non dovrei ricordare nulla e, invece, ricordo. Ricordo mio padre che mi dava da mangiare piccoli pezzettini di mozzarella. Ricordo la fretta con cui mi prese in braccio, le scale che scendeva e che sembravano non finire, il vicino del primo piano che era già in strada. Forse non dovrei ricordare nulla, forse sono i racconti degli altri, ma nessuno mi ha mai detto cosa mio padre avesse addosso quella sera, eppure me lo ricordo. 
La paura non me la ricordo, forse per quella ero piccola. 
La paura arriva adesso, ora che vivo a Milano, lontana dagli epicentri, dove le scosse arrivano senza danni. Mettono solo paura e fanno affiorare i ricordi di altri terremoti lontani.
So che la paura è quella di chi ad ogni scossa perde un altro pezzettino di sé: la casa, la chiesa, la tranquillità, la sicurezza, la lucidità.
La paura di non poter rientrare nelle proprie vite. 
Capitò anche a noi, ma io avevo due anni e non lo capii. Per un po' dormimmo dai miei nonni materni. Fu la mia piccola fortuna. Mio nonno mi fece da baby sitter, mi cantava le filastrocche. Io fui l'unica nipote a crescere dandogli del tu, nessun altro nipote lo ebbe come baby sitter, nemmeno mio fratello che era più grande e c'erano già le scuole, gli amici. Successe così che lui, nonno contadino e capostipite di una famiglia numerosa, per me fu sempre Nonno Orsolo. Del resto un nonno contadino, capostipite di una famiglia numerosa poteva solo chiamarsi come sua moglie, Orsola, ma al maschile. Ragionano così i bambini di due anni, durante un terremoto di cui non ricorderanno la paura. Per quella ci sarà tempo.


Sega, sega mastu Ciccio,
na panèlla e nu sacìccio;
‘a panèlla nce ‘a mangiàmmo
e ‘o sacìccio nce ‘o stipàmmo;
nce ‘o stipàmmo pe’ Natal, quanno véneno e zampugnarì



23 novembre 1980
 

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