22 marzo 2012


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Articolo 18. Di qua e di là.

Io non capisco perché per fare una riforma del lavoro bisogna per forza mettere mano all'articolo 18, come se fosse l'unica condizione sine qua non legata alla ripresa. Si mette mano all'articolo 18 e la crisi sparisce? Una crisi fatta di incertezza lavorativa, può sparire modificando l'unico articolo che fa sentire più sicuri i lavoratori? Si può ridurre tutto ad un baratto che sembra sempre più un ricatto? Noi di qua, voi di là. Padroni contro lavoratori, lavoratori a tempo determinato contro i precari, che baratterebbero, forse, volentieri, un pizzico di sicurezza per allontanarsi dalla totale insicurezza? Eppure questo paese viene tenuto in piedi dalle tasse degli operai e degli impiegati! Dobbiamo per forza andare a passo di gambero, facendo un passo avanti solo facendone due indietro?

Io non capisco perché per fare una riforma del lavoro non bisogna affatto mettere mano all'articolo 18, come se fosse l'unica condizione sine qua non per sedersi ad un tavolo di trattativa. Si mette mano all'articolo 18 e magari il lavoro riparte. Non basterebbe questo a voler provare? Non basterebbe questo per provare a creare nuove assunzioni, facendo una lotta seria al precariato? Non basterebbe questo a dire che chi rischia non sono tutti i lavoratori, ma solo i fannulloni, i nullafacenti, gli incompetenti? Non basterebbe questo per dare più fiducia agli imprenditori, ai padroni? Noi di qua, voi di là. Lavoratori contro imprenditori, imprenditori contro i sindacati. Eppure questo paese viene tenuto in piedi dall'intraprendenza di chi investe per tenere in piedi le attività che danno lavoro, quindi dagli imprenditori. Dobbiamo per forza rinunciare ad andare a passo di gambero per restare fermi al palo?

Noi di qua, voi di là.
Non lo so, non sono convinta.

1 commenti:

bingo online ha detto...

è tutta una scusa, ma se non si creano posti di lavoro e non si da il modo di favorire le assuzioni a che serve modificare l'art 18?

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