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31 dicembre 2010


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Non prendete tutto come oro(scopo) colato!

Ariete:
Basta insistere e vi si apriranno tutte le porte.

Toro:
Smettetela di dare del cornuto all'asino.

Gemelli:
Amate il vostro simile come voi stessi.

Cancro:
Non mettete le chele sotto la sabbia.

Leone:
In Africa ogni giorno una gazzella si sveglia. In Africa ogni giorno un leone si sveglia. A voi è andata bene.

Vergine:
Se tutto va per il verso giusto perderete qualcosa, ma almeno vi sarete divertiti. Altrimenti due di picche.

Bilancia:
Tutto ha il giusto peso, soppesatevi.

Scorpione:
La verità punge.

Sagittario:
Metà uomo e metà cavallo. Ma questo non significa essere uno stallone.

Capricorno:
Sopra la panca il capricorno campa. Sotto la panca il capricorno scorna.

Acquario:
Quando l'acqua è poca la papera non galleggia.

Pesci:
Spesso passate dalla padella alla brace, e quando nessuno vi cuoce a puntino siete... sushi.

Morale: di qualsiasi segno siate, fate che sia un anno... assurdo!
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23 dicembre 2010


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Caro Babbo Natale...

Caro Babbo Natale,
parecchi dicono che non esisti e che non dovrei scriverti, che dovrei dedicarmi alle cose "serie" e non perdere tempo con i personaggi fantastici. Eppure io non capisco perchè non dovrei credere ad un vecchietto che non si tinge i capelli e la barba, che ascolta e legge chi gli scrive e che prova ad esaudire dei desideri, magari dispensando sorrisi. Decido perciò, di scriverli a te i miei bisogni e le mie richieste. L'alternativa potrebbe essere un altro signorotto anziano, con i capelli finti, i tacchi alti e una statura morale non proprio imponente. Alla tua giacca rossa lui preferisce il doppiopetto, al cappello la bandana, alle renne le escort.
O caro Babbo Natale, di desideri ne avrei tanti.
Vorrei vedere Napoli ripulita dai rifiuti senza dover ascoltare la promessa dell'ennesimo miracolo da compiere nei prossimi tre giorni.
Vorrei che Pompei, dopo essere rimasta in piedi nonostante l'eruzione di un vulcano, restasse in piedi nonostante le infiltrazioni d'acqua dovute all'incuria.
Vorrei un ministro dei Beni culturali che si occupasse dei beni culturali anzichè scrivere poesie e esibirsi come pianista nelle votazioni della camera.
Vorrei un paese in cui la politica si decide alle camere e non nella camera con il lettone di Putin.
Vorrei un paese in cui i giovani si riappriopriassero del loro futuro, manifestando contro quello che non ritengono giusto senza caschi e bastoni, lontano delle zone rosse in cui il potere si rinchiude.
Vorrei gli studenti al Quirinale e i ministri in mezzo ad una strada.
Vorrei frasi responsabili senza proposte che usano la parola "preventivi" con fare fascista.
Vorrei che i genitori non lasciassero a casa i figli, come suggerisce qualcuno, ma che si unissero a loro nella protesta, suonando i clacson ed applaudendo al loro passaggio.
Vorrei delle donne al potere senza la smania dello starnazzo e dell'insulto.
Vorrei che i termini da ricordare di questo anno appena trascorso non fossero solo "Bunga Bunga", "vajassa" e "munnezza".
Vorrei l'Aquila finalmente libera dalle macerie.
Vorrei non sentire parlare di emergenza maltempo quando piove e/o nevica in inverno, così come non vorrei sentir parlare di emergenza caldo in estate.
Vorrei una televisione fatta di riflessione e non di reality e genoflessioni dove nel giorno più corto degli ultimi 400 anni a portare la luce è un piccolo Presidente del Consiglio di questi anni bui.
Vorrei che il primo tg nazionale si occupasse dei fatti e non dei "fattarelli".
Vorrei un'opposizione vera senza gruppi misti creati all'occorrenza per salvare questo o quello dalla sfiducia.
Vorrei che tutte le partite di calcio durassero 95 minuti, e che la zona recupero fosse sempre ricordata come la "zona Cavani".
Insomma vorrei un'Italia più europea e il Napoli (senza spazzatura) in Champions League.
Caro Babbo Natale, per quale delle due cose c'è più speranza?
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17 dicembre 2010


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L'uomo dell'anno

Il personaggio dell'anno è Mark Zuckerberg, creatore di Facebook, il social network più popolare del mondo. Il suo faccione da 26enne californiano campeggia sulla copertina del Time. Lui è il miliardario più giovane del mondo. Eppure i lettori della rivista avevano scelto un altro uomo: Julian Assange, il padre di Wikileaks.

In un modo o nell'altro vince la rete che ci mette in piazza. Ma i piccoli segreti battono i grandi segrete. E in ogni caso, noi scopriamo l'acqua calda.


E se provassimo a scegliere l'uomo dell'anno in Italia?!

Uno dei candidati sarebbe potuto essere Gianfranco Fini, se solo questo governo fosse caduto. Se solo il delfino fosse riuscito a mangiare lo squalo, ma non è accaduto. Il politico che non è caduto sotto i mattoni di Montecarlo è stato battuto da 3 voti, partoriti anche dai “suoi” traditori, ovvero quelli che avevano detto di voler tradire il “padre/padrone”, salvo poi non farlo finendo per trafire il “figlio/ribelle”.


Allora vince Berlusconi?! No. La sua è una vittoria a tempo, o del tempo. Berlusconi è ancora il Presidente del Consiglio di questo governo, di un governo che potrebbe sgretolarsi nel giro di poco tempo o che potrebbe vedere nuovi acquisti, magari aspettando i saldi di gennaio. Da oggi ogni deputato potrebbe costare meno del 13 dicembre.


Il vero uomo dell'anno è l'Onorevole Domenico Scilipoti.

Ginecologo, agopuntore, ex Italia dei Valori, ora esponente del Movimento di Responsabilità Nazionale e salvatore della Patria con questa legislatura. Insomma lui è tra i più “fiduciosi” di questo governo, e sembra essere uno di quelli a cui Berlusconi (il IV), più di ogni altro, abbia riconosciuto il suo “valore”.

Domenico Scilipoti rappresenta il valore di questo governo.

Nel suo sito si legge (http://www.domenicoscilipoti.it/):

“E' da sempre mio desiderio realizzare una autentica unità politica e morale di tutta la Nazione e chi è stato artefice del proprio male, non potrà essere la cura. Ci vuole il nuovo che avanza e nutro la convinzione che non può esistere giustizia sociale senza libertà politica così come ne era convinto Giuseppe Saragat. La vera anomalia Italiana è la legge elettorale, Di Pietro nella precedente legislatura non ha nemmeno sollevato il problema. Oggi è vitale cambiarla per la democrazia del paese.”

Il nuovo che avanza in questo Paese ha il faccione di Domenico Scilipoti.

Chissà se il Time ci farà la prossima copertina.


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14 dicembre 2010


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Siate fiduciosi e sfiduciati

Un pacco di Plum Cake costa 1 euro e 79 centesimi.
Un litro di latte alla stalla costa 40 centesimi. Al supermercato ne paghiamo almeno 80.
Un panettone in un discount lo compriamo per poco meno di 2 euro. Berlusconi non ha ancora chiamato la pasticceria più famosa di Milano, perchè quest'anno non sa bene se lo mangia.
Per i carburanti i prezzi si attestano su cifre considerevoli: 1.459 al litro per la benzina e 1.336 euro al litro per il gasolio. I prezzi sono più alti oggi, che un barile di benzina è arrivato a costare anche 90 dollari, che nel 2008 quando nel mese di luglio si registrò la cifra record di 147,27 dollari.
Per un "servizietto" da una qualsiasi prostituta raccolta per strada si parte dai 20 euro in su.
L'esperienza con un trans può costare "caro". Ci si rimettono le poltrone.
Una escort per partecipare ad una festa e/o cena prende 500 euro. Se poi deve dormire nel letto di un Presidente (russo), ma senza il presidente russo, ne vuole almeno 2000.
Lo stipendio medio di un operaio o di un dipendente si aggira tra i 900 euro e i 1300 euro al mese. Se ti ci vuoi comprare una casa puoi sperare in un mutuo 30ennale, così sai come se ne andrà metà del tuo stipendio.
Se sei un ministro può capitare che le case te le regalino a tua insaputa, ma poi rischi di rimanere "disoccupato" e disonorato. Ma la pancia è piena e la memoria (degli Italiani) per fortuna a volte è corta. Tutte le fortune sono dei ministri.
Se non sei un ministro ma solo un deputato, magari dell'opposizione, non devi disperare, perchè puoi sperare che qualcuno altro paghi il tuo mutuo, magari in cambio di un voto.
Se sei un insegnante mal pagato puoi, comunque, cercare di spiegare ai tuoi studenti qual'è la differenza tra persuasione e corruzione.
Se sei un genitore saprai che la carta igienica per la scuola di tuo figlio ti costerà più o meno 2 euro per un pacco da 4 rotoli.
Tutto ha un prezzo.
E qualcuno ancora crede di avere carta bianca. E allora ci si pulisca il culo! (*)
Quel qualcuno, comunque vada, sta invocando la fiducia.
Io non sono per niente fiduciosa.


(*) Citazione dal film: I due colonnelli.
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30 novembre 2010


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Sono sempre i più meglio che se ne vanno

E come finisce Maestro questo film?
Perchè ogni film finisce, anche il più bello. La genialità è trovare il modo di chiudere con un guizzo, con un colpo di scena senza però essere mai banali.
Mario Monicelli lo sapeva e ce l'ha insegnato. Era un grande regista. Un grande uomo. Un grande umanista, perchè i suoi film ci hanno raccontato la nostra umanità e spesso la nostra disumanità.
Mario Monicelli aveva il coraggio di saper guardare e il pregio di non aver paura delle parole, di alcune parole. E aveva lucidità. La lucidità. Quella che ti fa invocare la rivoluzione a 95 anni. Quella che ti impedisce la rassegnazione a 95 anni.
Si, Mario Monicelli è un grande regista, ed un grande sceneggiatore. Uno che sa quando far finire un film. Il suo film.
Noi di questa armata Brancaleone sappiamo che sono sempre i più meglio che se ne vanno.
Titoli di coda.
Fine.
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18 novembre 2010


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Quando ti arresto un boss

La notizia è la presa di un noto latitante: Antonio Iovine, detto "O' Ninno", del clan dei Casalesi.

A me due cose sono venute in mente.
La prima è una canzone neomelodica napoletana di Gianni Celeste dal titolo "Nu Latitante"
...nu latitante nun tene cchiu niente
luntano rr'o bbene a nascuse da gente
lurtimo amico a deventa importante... (*)

La seconda sono le strane coincidenze.
Il capo della camorra era in fuga dalla giustizia da circa quindici anni ed era tra le priorità investigative nell'azione di contrasto alla criminalità organizzato.
Si trovava in un covo di Casal di Principe, nella quinta traversa di via Cavour, in casa di un uomo considerato adesso un suo fiancheggiatore. Iovine si nascondeva in una intercapedine ricavata in una villetta appartenente alla famiglia di Marco Borrata, 43 anni. (**)

Per la serie: dove lo cerchiamo un latitante di spicco della camorra del clan dei Casalesi di Casal di Principe? E quando lo catturiamo?

Per un pubblico la notizia di un arresto clamoroso si basa su un fatto.
Per un pubblico la notizia di una polemica nata da un monologo si basa su parole. Anche se quelle parole sono il frutto di accertamenti di fatti.
Un fatto batte le parole.
Poi ci si tende la mano e il pubblico non capisce più chi è il buono e chi è il buono diffamato.

Io da cittadina gioisco di un arresto, plaudo al lavoro delle forze dell'Ordine, seguito a sperare nella lotta alla Camorra e provo a continuare a pensare con la mia testa.
E provo a chiedermi: cosa avrà da ghignare un latitante comorrista che presta la faccia ai flash mentre attraversa la folla di cameramen, fotografi e curiosi, stretto tra gli agenti?

(*) http://www.lyricsmania.com/nu_latitante_lyrics_gianni_celeste.html
(**) http://www.repubblica.it/cronaca/2010/11/17/news/antonio_iovine-9224416/?ref=HREA-1
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15 novembre 2010


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Dice che dice... Bhooo

Dice che c'è crisi. C'è grossa crisi.
Dice che così non si va lontano. E si dice che le elezioni siano vicine.
Dice che è meglio dimettersi, per aprire un nuovo corso.
Dice che è successo un miracolo, il miracolo di (a) Milano. Dice che da qui si deve passare per capire il Paese.
Dice che il Pd ha perso le elezioni, le elezioni primarie.
Dice che Bersani ha guadagnato la prima serata.
Dice che il governo ha perso la propria maggioranza.
Dice che il Cavaliere è dimezzato.
Dice che Bossi resta, almeno per ora.
Dice che lo Stato deve garantire che davvero la legge sia uguale per tutti. Chi lo dice? Fini.
Dice che tira un vento nuovo.
Dice che stasera comunque piove. E quindi: "governo, ladro!"
Dice che questo Paese è fatto ancora di brava gente.
Dice che la tv aveva spento le coscienze.
Dice che la tv sta riaccendendo le coscienze.
Dice che quella gente davanti alla tv ha cambiato canale. Chi l'ha detto? L'auditel.
I punti di share domattina ci diranno dove andrà questa nazione, dopo che un "uccellino" ci aveva già annunciato la vittoria di Pisapia.
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8 novembre 2010


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Siamo tutti una grande famiglia

Sarà l'età che avanza, saranno le amiche d'infanzia munite di pancioni e nuovi piancini impegnate a mettere su famiglia e prole nuove di zecca, saranno le polemiche del prima, ma mi è presa una certa curiosità per la seconda Conferenza nazionale sul tema della famiglia.
La notizia vecchia è che il Presidente Berlusconi non ha aperto la conferenza perchè dopo gli ultimi (ennesimi) scandali legati alla frequentazioni di giovani donnine, che certo non avevano l'aria di educande, né ambizioni da future mammine tutte casa, figli e pappine, qualcuno ha pensato che non fosse la persona giusta.
A questo punto all'interno del Governo si è fatto “ambarabàciccìcocò” e si è deciso di mandare un'altra eminenza grigia: Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega alle Politiche per la famiglia. E chi meglio di lui?
Sarà per questo che dice: “la famiglia e' vitale e resta un riferimento essenziale in un momento di incertezza”. Bravo!
E poi: “La legge 40 viene contestata da chi in nome del desiderio di genitorialità ritiene lecito e possibile ricorrere all'acquisto dei fattori della riproduzione procurandosi sul mercato materiale genetico in vendita e trovando terze persone che si prestano o a dare l'utero in affitto o donatori che possano dar vita all'embrione. Scienza e biotecnologie - aggiunge - possono togliere ai figli il diritto di nascere all'interno di una comunità d'amore con identità certa paterna e materna”. Ehh?!
E ancora: "La rottura della diga costituita dalla legge 40 aprirebbe la porta a inquietanti scenari, tornando a un vero e proprio Far West della provetta dove fin dal primo momento il concetto costituzionale di famiglia andrebbe irrimediabilmente perduto". Ahhhhh...

Quindi se io non potessi avere figli sarebbe meglio mettermi l'animo in pace, perchè il mio desiderio di genitorialità potrebbe far di me, e della mia ipotetica futura famiglia, un mostro. Nel caso, se decidessi di adottare un bambino sarei comunque vista come “costruttrice di scenari inquietanti” o meriterei una qualche forma di approvazione per amare come mio un figlio che, biologicamente, mio non è? Un po' come capitò a San Giuseppe.

Ma ad una conferenza si sa, parlano in molti. E allora ecco Maurizio Sacconi, ministro del Walfare, che da persona pratica parla di reali e concreti aiuti alla famiglia. Alla famiglia naturale.
Allora mi sono chiesta che cos'è un famiglia naturale e per fortuna con un linguaggio semplice e moderno è lo stesso Sacconi che mi ha chiarito il concetto: “Aiuti solo agli sposi che procreano”.
Devo ammetterlo, sono confusa, ma forse non dovrei dal momento che lo stesso Sacconi ha poi detto: “Senza nulla togliere al rispetto che meritano tutte le relazioni affettive che però riguardano una dimensione privatistica”.
Ora sono più tranquilla. A certificare una famiglia naturale basta un certificato di nozze.
Ma anche no! Perchè è lo stesso Sacconi a smentirsi, forse perchè era stato “frainteso”.

Eppure io devo essere sincera, sono d'accordo con la Carfagna quando dice che a questo convegno le è mancato Berlusconi. Naturalmente abbiamo motivazioni diverse. Le sue: "Mi dispiace molto che il Presidente non sia venuto, mi dispiace soprattutto che qualcuno gli abbia chiesto di non venire e gli abbia impedito di raccontare quello che il Governo ha fatto per le famiglie italiane e quali sono gli obiettivi che questo Governo si prefigge per sostenerle". E a chi le ricorda che il Presidente non c'è per lo scandalo delle escort lei aggiunge: “Io non ci credo!”
Magari un giorno dovremmo darle ragione. Quelle ragazze non sono escort, ma possibili futuri Ministri delle Pari opportunità.

Si, Berlusconi mi è mancato. A certe dichiarazioni quasi preferisco le barzellette.
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28 ottobre 2010


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Bunga - bunga e la storia della povera Italia

C'era una volta un paese strano. Questo paese era talmente strano, ma talmente strano che a capo del suo governo c'era un uomo bizzarro, ma talmente bizzarro che qualcuno diceva persino che non avrebbe potuto governare.
Tra una legge e l'altra e tra una conferenza e l'altra e tra un'apparizione e l'altra, questo strano Presidente si dilettava a dare feste e festini. Non tutti i cittadini erano invitati, ma solo gli amici intimi e giovani donzelle dall'aspetto avvenente e dall'età "immatura".
Un giorno ad una di queste feste arrivò una ragazzetta carina, carina. Il Presidente la guardò e la riguardò e decise che sarebbe stata la sua preferita, quella da cui non avrebbe più voluto togliere le mani. Si avvicinò a lei e le chiese: "Come ti chiami?" La giovane lo guardò, abbassando lo sguardo, e disse: "Mi chiamo Italia."
Fu un momento, un sussulto, uno scatto. Il Presidente balzò sulla giavane donzella. Lei si diminò, urlò e urlò: "Porco, levami le mani di dosso!"
Gli altri che erano lì, videro. La ragazza era spaventata, il Presidente divertito.
Gli altri che erano lì, videro e non fecero nulla. Risero.
Allora il Presidente mentre era ancora là, sopra la ragazza, chiamò a raccolta gli amici intimi e le giovani donzelle dall'aspetto avvenente e dall'età "immatura" e disse: "Voglio raccontarvi una barzelletta! Ci sono due ministri del governo che vanno in Africa, su un’isola deserta, e vengono catturati da una tribù di indigeni. Il capo tribù interpella il primo ostaggio e gli propone: ‘‘Vuoi morire o Bunga-bunga?’’. Il ministro sceglie: ‘‘Bunga-bunga’’. E viene violentato. Il secondo prigioniero, anche lui messo dinanzi alla scelta, non indugia e risponde: ‘‘Voglio morire!’’. Ma il capo tribù: ‘‘Prima Bunga-bunga e poi morire". Vi è piaciuta?"
Allora tutti risero ancora più forte.
Solo Italia restò in silenzio. Lei, Italia, sapeva che non c'era proprio nulla da ridere.
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26 ottobre 2010


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Quelli che... la fanno fuori dal vaso

Qua qualcuno la fa fuori dal vaso:

Era il 29 settembre quando nel discorso alla Camera Berlusconi prometteva: “... e finiremo la Salerno/Reggio Calabria entro il 2013!”
In realtà forse spera che si avveri la profezia Maya della fine del mondo entro il 2012.

Il 22 ottobre invece prometteva: “in 10 giorni risolveremo l'emergenza rifiuti in Campania.”
Ma la soluzione non l'aveva già trovata nel 2007? Il signor B. mi ricorda una mia vecchia professoressa di matematica: quando il suo risultato non coincideva con quello del libro diceva: “ragazzi, ha sbagliato il libro!”

Lunedì 25 ottobre. Il Ministro dell'Interno, Maroni in merito alle rivolte di Terzigno dice: "Faccio un invito a tutti a deporre le armi, altrimenti credo che sarà necessario intervenire in modo più duro di quanto non si sia fatto finora".
Pochi giorni prima Bossi profetizzava: “a Terzigno potrebbe scapparci il morto”
Maroni, quella di Bossi era preoccupazione non un suggerimento! Poi è vero che si parla di terroni, però...

Di palo in frasca.
Domenica sera, 24 ottobre, Marchionne, amministratore delegato della Fiat, durante un'intervista alla trasmissione: “Che tempo che fa”, afferma: “la Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l'Italia... nemmeno un euro dei 2 miliardi dell'utile operativo previsto per il 2010 arriva dal nostro Paese”
Non ricordo: chi usufruì di aiuti statali? E per statali, intendo dello Stato italiano. Io ho un Opel Corsa.

Ancora il 22 di ottobre, il Premier ci ricorda che: "Non ho mai chiesto il Lodo Alfani. Sono i miei alleati che se ne fanno promotori a mio favore, ricorrendo agli strumenti legali della democrazia.". Quindi l'avevamo frainteso.

Avrei voluto trovare anche qualcuno a sinistra che la facesse fuori dal vaso, ma a sinistra non la fanno fuori dal vaso. La sinistra non la fa e basta. E così facendo, non fa la sinistra.

Il 23 ottobre il sindaco di Avetrana ha emesso un'ordinanza per vietare il divieto di accesso in alcune strade che portano alle abitazioni delle famiglie Scazzi e Misseri.
Il provvedimento è stato disposto in previsione dell'arrivo di autobus dalla Basilicata e dalla Calabria di turisti che intenderebbero vedere da vicino la casa in cui viveva Sarah e il garage nel quale è stata uccisa.

Si dice che siano sempre i migliori quelli che se ne vanno. Questi sono sempre lì. Un po' come i cantieri sulla Salerno/Reggio Calabria; un po' come la spazzatura in Campania e un po' come gli stolti armati di macchina fotografica per riprendere i luoghi di un delitto.
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20 ottobre 2010


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Non siamo noi ad essere romani, sono loro ad essere romeni o non siamo noi ad essere romeni, sono loro ad essere romani?

Una giornata come un'altra. In fila per comprare un biglietto della metro. Due persone litigano. Un ragazzo 20enne romeno e una ragazza 32 anni, romana. Lei dice a lui: “ma che cazzo vuoi, cose ci fai qui nel mio paese”. Il litigio è per motivi futili, ma lui si sente aggredito. Camminano a fianco, continuano a volare parole “grosse”, poi si fronteggiano e lui sferra un pugno. Lei cade a terra. Lui va via, come se non fosse successo nulla. Qualcuno lo ferma, chiede spiegazione, lo riporta dinanzi a quel corpo che continua a giacere per terra.

Il fatto diventa notizia. La donna è in coma per un pugno. C'è un video. L'indifferenza della gente che non si cura di quello che accade, che ci mette troppo ad accorgersi di quella donna a terra. Una telecamera che ci mostra quanto sia facile non vedere.
Tutti avranno un opinione sul fatto: il ragazzo 20enne è un violento romeno. La ragazza è una donna di soli 32 anni, romana. Loro non dovrebbero stare qui. I motivi per semplificare sono lì a portata di mano. Non è un fatto di razzismo, però...

La donna dopo alcuni giorni in coma muore. C'è un altro mostro a portata di mano. Violento e straniero. Sono tutti schierati dalla parte giusta. Lui finisce in carcere. Quando le forze dell'ordine vanno a prelevarlo, il pubblico applaude soddisfatto. La classe politica è compatta, tutti a condannare, indecisi solo su quanto dura dovrà essere la pena. Magari è una buona occasione per tornare a parlare di pena di morte, per far leva sul sentimento di paura. Noi, loro. Italiano vittima dello straniero cattivo.
La cronaca nera dà una mano a orientare l'attenzione. In questo giorni fa comodo.
Cazzo, lui è romano e lei è romena! Sarebbe potuta andare meglio...

Per fortuna è cominciato il grande fratello. Potremmo parlare di questo. Si dice che quest'anno nella casa ci sia il figlio di un camorrista. Chissà se si sarà presentato dicendo: "Mi manda papà!"?
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12 ottobre 2010


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Differenti o indifferenti

Dovremmo dotare i tassisti di armi da fuoco, i passeggeri di giubbotti antiproiettili, i cani di settevite come i gatti, i militari in missione di pace di bombe atomiche, i passanti nervosi di guantoni da boxe e soprattutto le donne con cui si può litigare per strada di colpitori. I colpitori potrebbero salvare una vita. Poi dovremmo dotare le scuole di simboli politici e sponsorizzazioni che evitino di far perdere tempo a chi cresce di venir su con l'idea di avere la possibilità di poter scegliere la propria idea, ma dargliene già una ben confezionata.

Potremmo anche regalare a tutti i bambini più dotati un pallone, in modo che da grandi diventino dei calciatori. A quelli meno dotati potremmo regalare un trono cosicché da grandi potremmo darli in pasto ad una folla di donne starnazzanti per un fidanzato tutto bicipiti.

Alle bambine più dotate potremmo regalare la compilation degli ultimi stacchetti per esercitarsi a fare le veline. A quelle meno dotate potremmo regalare delle sedioline della misura giusta per essere ai piedi di un trono, così da grandi potranno starnazzare dinanzi a possibili fidanzati dai grandi bicipiti. O dinanzi a uomini potenti in cambio di una qualsiasi carriera, magari in politica.

Quelli che proprio vogliono diventare famosi in altro modo potranno andare ad un reality o fare il pubblico in un programma di pseudo approfondimento dove si parlerà dell'ennesimo caso di cronaca nera, con mostri ben confezionati per la diretta accesa sull'indignazione di un pubblico che invoca la pena di morte.

Potremmo fare tutto questo, mentre la nostra classe politica litiga, dimenticando i toni del confronto per abbracciare un nuovo linguaggio più adatto al pubblico che ascolta. Il pubblico fatto di calciatori, veline, corteggiatrici e corteggiatori, tronisti e tro...niste. Un pubblico a cui non interessa il crimine fatto o comunque non interessano tutti i crimini, ma soprattutto a cui non interessano quei crimini promossi, con apposite leggi, a NON PIU' crimini.

Potremmo farlo. Si farebbe forse meno fatica che a dotare il popolo di una nuova consapevolezza, quella che li rende cittadini. Perché i cittadini guardano, pensano, criticano, si indignano e prestano soccorso. Perché i cittadini fanno e il fare costa più fatica dell'indifferenza.

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9 ottobre 2010


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No bel

In una dittatura i dissidenti vengono messi a tacere, ridicolizzati, resi innocui, lasciati soli o messi alla berlina. I modi per farlo saranno diversi, ma quello che più spesso capita avviene attraverso campagne mediatiche guidate dalla dittatura stessa o dagli amici e galoppini che lavorano in maniera diretta o indiretta per essa. I metodi usati saranno leciti o illeciti. E quando qualcuno farà notare i metodi dittatoriali, allora i portavoce ufficiali si affretteranno a definire le illazioni fatte contro, solo come delle “oscenità”. Ci penseranno, poi, i telegiornali a confezionare e a mostrare un paese felice e prospero. E quando non ci riusciranno si parlerà di altro, di gossip per esempio. Si creeranno nuovi vip e miti “terra terra” buoni per una stagione da dare in pasto al popolo.
I dissidenti saranno annientati e poi magari dimenticati. Dimenticati in Patria.
Eppure capita che a volte sia il mondo fuori a ricordarli. A lasciare che quei nomi vengano ancora pronunciati. Capita che sia il mondo fuori ad accendere i riflettori su certe anomalie. E a quel punto che le dittature gonfiano il petto e si mostrano per ciò che sono. Ciò che avviene, allora, è una maldestra censura mediatica, è il dichiarare sanzioni verso chi ha osato alzare il velo dalle cose, o delle cose.
A volte un premio Nobel per la pace serve.
In lizza si dice ci fossero Gianfranco Fini, Emma Marcegaglia e Liu Xiaobo.

Poi Porro, vicedirettore de “Il Giornale” ha fatto una telefonata ad Oslo: “Adesso ci divertiamo, per 20 giorni romperemo il c... come pochi al mondo...”

Ieri il premio per la Pace è stato assegnato a Liu Xiaobo, dissidente cinese. Il Nobel ha sfidato la Cina.
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6 ottobre 2010


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Con il Nastro Rosa

La parola d'ordine è prevenzione. Il mese giusto è questo. Il nemico è il tumore alla mammella.

I numeri spaventano: ogni giorno in Europa colpisce 1096 persone e nel mondo occidentale la sua incidenza è in costante aumento. La malattia fa paura, come qualsiasi altra malattia e più di altre perchè mina la testa e il corpo di una donna, in ciò che la rende più donna. La malattia fa paura, ma ammazza meno di una volta. Non riesce a farlo quando si fa prevenzione.

Io non penso che possa capitare a me e allora non faccio nulla, oggi. Ma se capitasse a me domani?

Ottobre è il mese della campagna con il Nastro Rosa, organizzata dalla Lega Italiana per la lotta ai tumori. Ottobre è il mese per fare una visita diagnostica gratuita. Sono 390 gli ambulatori, distribuiti su territorio nazionale, a cui ci si può rivolgere.

A fare prevenzione dovrebbero essere tutte le donne, perchè in Italia una donna su sette che ha il tumore al seno ha meno di 40 anni e per la fascia d'età al di sotto degli anta il servizio nazionale sanitario non prevede screening. Eppure a salvarci è la diagnosi precoce.

Il tempo di una visita. Un tempo che dobbiamo imparare a concederci.

Per prenotare: www.nastrorosa.it e www.lilt.it o anche il numero verde: 800-998877

Un vecchio “adagio” diceva che: “prevenire è meglio che curare”. Per ciò che riguarda i tumori: “prevenire aiuta a curare”.

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29 settembre 2010


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La lunga giornata del niente

Parole, parole, parole.

Fini: Non cambi mai, non cambi mai, non cambi mai.
Berlusconi: Tu sei il mio ieri, il mio oggi.
Fini: Proprio mai.
Berlusconi: È il mio sempre, inquietudine.
Fini: Adesso ormai ci puoi provare/ chiamami tormento dai, già che ci sei.
Berlusconi: Tu sei come il vento che porta i violini e le rose.
Fini: Caramelle non ne voglio più.
Berlusconi: Certe volte non ti capisco.
Fini: Le rose e violini/ questa sera raccontali a un’altra,
violini e rose li posso sentire/ quando la cosa mi va se mi va,
quando è il momento/ e dopo si vedrà.

Visto che se le dovevano cantare, avrebbero potuto farlo così.
Invece sarà una lunga giornata.

Chi scrive i discorsi della politica ha passato notti in bianco a cambiare frasi a soppesar parole ad aggiungere aggettivi a mettere virgole nel posto giusto. Chi compra i deputati ha passato notti a far il giochino del pallottoliere, a inventarsi promesse e a far tornare i conti. Bisogna arrivare a 316.
Sino al momento della conta si parlerà di democrazia, di doveri dinanzi ai cittadini. Perchè qualcosa che sappia di politica bisogna pur dirla. Voleranno gli sguardi da una parte all'altra dell'aula. Si comincia con l'esibizione del (quasi) più basso e del (quasi) più vecchio. Poi ci saranno gli insulti, le accuse. L'opposizione che farà l'opposizione per il tempo dei discorsi di una giornata. La maggiornaza si ricorderà di essere alleata nonostante le correnti che hanno reso il clima freddino. I venti gelidi spireranno ancora. Ma oggi il tempo è mite.
Si parlerà di corruzione e si potrà sempre dire che i deputati oggi non sono stati comprati. Sono stati offerti, o si sono offerti, come regalo di compleanno del (al) signorotto. Qualcuno ha ricevuto un regolare contratto. Magari si avrà la possibilità di scaricare l'Iva. La Zanicchi trema.
Ci saranno i volti tesi. Fanno parte del copione.
Ma chi stava di qua e si è spostato di là, dove siederà oggi? Per questi deputati caproni si può parlare di transumanza? Dopo aver scelto un pascolo per l'estate ci si deve cercare un riparo per l'inverno. La stalla del governo ha messo da parte abbondanti razioni di paglia. La speranza del capo è poter aggiungere un posto a tavola anche dopo l'ultima cena in cui qualcuno ha tradito.
Gli aggiornamenti su chi ha detto cosa, oggi si susseguiranno. Mentana farà edizioni speciali fiume in nome di un'informazione corretta. Minzolini magari farà un'editoriale che avrà più spettatori su you tube che nell'edizione delle 20.
I coltelli non sono entrati in aula, ma sono più pericolosi gli aghi... della bilancia di questo fragile equilibrio precario. Ma mica precari come i precari che non arrivano al 20 (del mese) figurarsi a 316.
Magari Prodi sghignazza pensando: “Ieri a me, prima o poi succederà anche a te?!!”
Qualcuno brinderà stasera. Ma si potrà dire che è per festeggiare un anno in più. Che non siano ancora 100 di questi giorni?

S.P.Q.R. Ovvero: Se Poi Questi Rimangono?
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24 settembre 2010


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Due pesi e due misure

Ci siamo indignati perchè un paese ha condannato a morte tramite lapidazione una donna colpevole di adulterio. Ci siamo battuti e nessuna pietra è stata scagliata. Almeno per adesso.

Stamattina alle 3:13 ore italiana una donna è stata giustiziata. Aveva 41 anni ed era stata condannata per aver commissionato a due uomini l'omicidio del marito e del figlio adottivo di lui. Il crimine sarebbe stato pianificato per incassare i soldi dell'assicurazione sulla vita del marito.

Un duplice omicidio (anche se commesso da altre mani) non è un adulterio. Ha un peso diverso.
Una condanna a morte è sempre una condanna a morte.
Teresa Lewis non è (non era) Sakineh Mohammadi Ashtiani. L'America (Teresa Lewis è stata giustiziata in Virginia) non è l'Iran.

Eppure gli appelli alla clemenza erano arrivati anche stavolta da tutto il mondo, ma con una cassa di risonanza diversa. Teresa Lewis aveva un quoziente intellettivo appena sopra al limite legale per il quale un'esecuzione viene ritenuta incostituzionale (70 è il limite e 72 era quello di Teresa). Non solo: la difesa ha sostenuto fino all'ultimo che la donna soffriva di un disturbo di personalità che la rendeva dipendente. Nessuna clemenza, nemmeno dinanzi ad una donna con ritardi mentali.

Spaventa più il crimine o l'idea che una donna venga giustiziata?
Una condanna a morte per lapidazione è qualcosa di arcaico, vile, lontano, spaventoso.
Una condanna a morte con un'iniezione letale può sembrare un modo più moderno, meno vile e meno spaventoso?

Il boia viene sempre pagato per uccidere. Anche il suo stipendio, tra l'Iran e l'America, avrà un peso e una misura diversa.
L'essere civili dove ci guadagna?
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23 settembre 2010


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Gli eroi non muoiono

Ci sono persone che fanno bene il loro lavoro. Ci sono giornalisti che sanno scrivere la verità. Ci sono verità che diventano condanne a morte e insegnano, a chi resta, il valore che possono avere certe parole. Giancarlo Siani sapeva fare il suo mestiere, non era ancora un giornalista professionista, ma aveva coraggio e passione. E aveva 26 anni appena compiuti. Campano e martire. Campano ed eroe. Un eroe morto 25 anni fa, il 23 settembre del 1985. Ammazzato perchè aveva coraggio, passione e perchè sapeva fare il suo lavoro: scrivere la verità.

Questo è l'articolo pubblicato da "Il Mattino" del 10 giugno del 1985 che decretò la sua condanna a morte.

Potrebbe cambiare la geografia della camorra dopo l'arresto del super latitante Valentino Gionta. Già da tempo, negli ambienti della mala organizzata e nello stesso clan dei Valentini di Torre Annunziata si temeva che il boss venisse «scaricato», ucciso o arrestato.
Il boss della Nuova famiglia che era riuscito a creare un vero e proprio impero della camorra nell'area vesuviana, è stato trasferito al carcere di Poggioreale subito dopo la cattura a Marano l'altro pomeriggio. Verrà interrogato da più magistrati in relazione ai diversi ordini e mandati di cattura che ha accumulato in questi anni. I maggiori interrogativi dovranno essere chiariti, però, dal giudice Guglielmo Palmeri, che si sta occupando dei retroscena della strage di Sant’Alessandro.
Dopo il 26 agosto dell'anno scorso il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di «Nuova famiglia», i Bardellino. I carabinieri erano da tempo sulle tracce del super latitante che proprio nella zona di Marano, area d’influenza dei Nuvoletta, aveva creduto di trovare rifugio. Ma il boss di Torre Annunziata, negli ultimi anni, aveva voluto «strafare».
La sua ascesa tra il 1981 e il 1982: gli anni della lotta con la «Nuova camorra organizzata» di Raffaele Cutolo. L’11 settembre 1981 a Torre Annunziata vengono eliminati gli ultimi due capizona di Cutolo nell'area vesuviana, Salvatore Montella e Carlo Umberto Cirillo. Da boss indiscusso del contrabbando di sigarette (un affare di miliardi e con la possibilità di avere a disposizione un elevato numero di gregari) Gionta riesce a conquistare il controllo del mercato ittico.
Con una cooperativa, la Do. Gi. pesca (figura la moglie Gemma Donnarumma), mette le mani su interessi di miliardi. È la prima pietra della vera e propria holding che riuscirà a ingrandire negli anni successivi. Come «ambulante ittico», con questa qualifica è iscritto alla Camera di Commercio dal ‘68, fa diversi viaggi in Sicilia dove stabilisce contatti con la mafia. Per chi può disporre di alcune navi per il contrabbando di sigarette (una viene sequestrata a giugno al largo della Grecia, un'altra nelle acque di Capri) non è difficile controllare anche il mercato della droga.
È proprio il traffico dell'eroina uno degli elementi di conflitto con gli altri clan in particolare con gli uomini di Bardellino che a Torre Annunziata avevano conquistato una fetta del mercato. I due ultimatum lanciati da Gionta (il secondo scadeva proprio il 26 agosto) sono alcuni dei motivi che hanno scatenato la strage. Ma il clan dei Valentini tenta di allargarsi anche in altre zone. Il 20 maggio a Torre Annunziata viene ucciso Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica, controllava il mercato dei fiori di Pompei. A luglio Gionta acquista camion e attrezzature per rimettere in piedi anche il mercato della carne. Un settore controllato dal clan degli Alfieri di Boscoreale, legato a Bardellino.
Troppi elementi di contrasto con i rivali che decidono di coalizzarsi per stroncare definitivamente il boss di Torre Annunziata. E tra i 54 mandati di cattura emessi dal Tribunale di Napoli il 3 novembre dell'anno scorso ci sono anche i nomi di Carmine Alfieri e Antonio Bardellino. Con la strage l'attacco è decisivo e mirato a distruggere l’intero clan. Torre Annunziata diventa una zona che scotta. Gionta Valentino un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana. Con la cattura di Valentino Gionta salgono a ventotto i presunti camorristi del clan arrestati da carabinieri e polizia dopo la strage.
Ancora latitanti il fratello del boss, Ernesto Gionta, e il suocero, Pasquale Donnarumma.

Giancarlo Siani.

http://www.giancarlosiani.it
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21 settembre 2010


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E' morto Sbirulino! Evviva Sbirulino!

Al di là della donna di spettacolo, al di là del personaggio pubblico, al di là di una vita passata su un palcoscenico, davanti a delle telecamere, al di là della morte. Perchè questa morte non mi dispiace. Perchè a volte la morte è una fortuna, lo è quando si va oltre il “finchè morte non ci separi”. Per chi ci crede si potrebbe dire: “finchè morte non ci unisca di nuovo”. E allora, cercando di non cadere nella retorica, sorrido alla coppia che mi piaceva più di una qualsiasi favola con il lieto fine, più dei grandi amori strappalacrime. Sorrido all'ironia di due persone che erano singoli, ma che erano un duo e che erano una sola cosa e che forse adesso lo saranno ancora.
Una coppia: amici, colleghi, amanti, marito e moglie e genitori senza aver partorito figli. Nello spettacolo, nella vita. In equilibrio quasi perfetto.
Come due clown, come nei loro sketch, avevano imparato il segreto per strappare sorrisi e per vivere insieme per tutto il loro tempo strappandosi sorrisi. Succede sempre meno. Nello spettacolo quasi mai. Loro invece erano lì e sono entrati nel linguaggio comune e non per le lore battute, ma per il loro modo di essere coppia.
“Sembrate Sandra e Raimondo!” Ma chi ci è riuscito davvero?
Ci sono riusciti loro.
Perciò, questo era l'unico finale possibile. Non un finale da favola, ma del resto questa era una storia vera.
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17 settembre 2010


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Per fortuna è venerdì 17!

Ma figurati, io alla superstizione non ci credo!! Oggi? E' solo un giorno qualsiasi.
Un venerdì 17.
Nessuno sembra disposto a credere alle superstizione, al malocchio, all'occulto, ma oggi sfido qualcuno a passare sotto una scala, a versare a terra del sale, ad aprire un ombrello in un luogo chiuso, a rompere uno specchio. Insomma non ci crediamo o, forse, solo non siamo disposti ad ammetterlo!
E allora ammettiamolo.
Io ho vestito gli stessi panni per i primi tre esami all'Università. Poi arrivò l'estate.
Allora sostituii gli abiti con un rito piccolo piccolo che ho ripetuto sino al giorno della laurea.
Non ho amuleti, cornicelli, zampe di coniglio, pelle di serpente, talismani, ma alcune cose che considero dei porta fortuna. Un giorno forse avrò le zampe di gallina.
Non ho mai fatto pozioni magiche o filtri d'amore, ma ad Istambul ho preso il tè dell'amore e sino ad oggi non ho ancora avuto il coraggio di usarlo. Metti che lo faccio bere all'uomo sbagliato...
Non ho mai indossato biancheria rossa a capodanno, ma non sono mai entrata in scena vestendo qualcosa di viola.
Mi piacciono i gatti neri, così come tutti gli altri gatti, ma faccio attenzione a quando verso l'olio.
E mi fermo qui.

La verità è che “essere superstiziosi porta male” perchè se non ci si gioca con la superstizione allora questa non solo non serve, ma finisce per essere deleteria per chi ci crede. E proprio per giocarci con il malocchio oggi, venerdì 17, si celebra la seconda giornata anti-superstizione, organizzata dal CICAP (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale – www.cicap.org), che da oltre 20 anni è impegnato a combattere l’irrazionalità, la superstizione e il pregiudizio con le armi della scienza e della ragione. Per dare un calcio alla sfortuna, in diverse piazze italiane (http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=274280) ci si incontrerà rigorosamente alle 17:17.
Mentre per chi non se la sente e per chi decide che anzichè sfidare la fortuna preferisce assecodarla, ricordiamo di portarsi dietro un chiodo, un cornetto rosso, un amuleto con un gobbetto, un vecchio ferro di cavallo, o cucirsi sui vestiti un pezzetto di nastrino rosso.

E se proprio non si riesce a far a meno di credere ad una qualsiasi credenza allora ognuno può scegliere la sua.
Se si vede un gatto lavarsi il muso con una zampa è segno che presto arriverà la pioggia.
Se, nel vestirsi la mattina, inavvertitamente si indossa un capo d'abbigliamento al rovescio si riceveranno visite gradite o buone notizie.
Se inavvertitamente si scopano i piedi delle ragazze nubili, per esse sarà difficile trovare un marito.
Chi pianterà un alberello di noce, avrà una lunga vita.
Uccidere un gatto può significare sette anni di sventure, poiché è credenza diffusa che questo simpatico felino abbia sette vite.

In ogni caso ricordiamoci che, per fortuna o per sfortuna, un giorno dura solo 24 ore. E questo è già quasi andato!! Anche se non sono ancora passate le 17:17!
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12 settembre 2010


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Un ministro piccolo piccolo

"Se non avessimo la Calabria, la conurbazione Napoli-Caserta, o meglio se queste zone avessero gli stessi standard del resto del Paese, l'Italia sarebbe il primo Paese in Europa". Sono le parole del Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, che parlando del federalismo aggiunge: “C'è un sistema malato ben rappresentato dalla "conurbazione" Napoli-Caserta che è un cancro sociale e culturale. Un cancro etico, dove lo Stato non c'è, non c'è la politica, non c'è la società".

Napoli è una città dalle mille anime e dalle mille facce. Non un paradiso, non lo è mai stato. A Napoli c'è la Camorra vi si è sostituito allo Stato quando lo Stato ha lasciato uno spazio così grande da poter essere sostituito. Ma Napoli ha mille anime e mille facce.

Fu fondata tra il IX e L'VIII secolo a.C. da coloni greci; successivamente rifondata come Neapolis (Νεάπολις in greco) nella zona bassa tra la fine del VI e l'inizio del V secolo a.C. Nel corso della sua storia quasi trimillenaria Napoli vedrà il susseguirsi di lunghe e numerose dominazioni straniere, rivestendo una posizione di rilievo in Italia e in Europa. Dopo l'impero romano, nel VII secolo la città formò un ducato autonomo, indipendente dall'Impero bizantino; in seguito, dal XIII secolo e per circa seicento anni fu capitale del Regno di Napoli. Da Napoli, agli inizi del XV secolo, sotto Ladislao I di Durazzo, partì il primo tentativo di riunificazione d'Italia; successivamente la città divenne il centro politico dell'Impero Aragonese. Per motivi storici, artistici, politici ed ambientali fu, dal basso medioevo fino all'Unità, tra i principali centri di riferimento culturale, al pari delle altre principali capitali del continente. (*)

Nel 1799 le armate francesi, le più forti del tempo, erano state fermate all'ingresso della città da un'insurrezione di popolo, dopo che si era sciolto l'esercito borbonico.

Nel settembre del 1943 una nuova insurrezione dei civili riuscì a liberare Napoli dall'occupazione delle forze armate tedesche. Prima dell'arrivo degli americani.

Napoli è una città dalle mille anime e dalle mille facce e dalle mille colpe. Una è quella di non aver risposto sempre ai tipi di occupazione di cui è stata vittima, con la stessa forza del 1799 e del 1943, diventando anche schiava di sé stessa.

A Napoli c'è la Camorra. A Roma ci sono certi politici. Quando L'Italia non va non è colpa di una parte, non di una sola parte. Quando l'Italia non va è perchè forse non abbiamo avuto il coraggio di scegliere gli uomini giusti. Allora non ci meravigliamo nemmeno delle parole di un ministro piccolo piccolo.


*Wikipedia

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11 settembre 2010


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11 SETTEMBRE

I ricordi e le sensazioni si ripescano anche attraverso vecchi appunti di viaggio.
New York, 27 maggio 2009.

Avevo attraversato il ponte di Brooklin e scesa dal ponte mi sono ritrovata tra i grattacieli della City Hall e da lì prendendo la Greenwich Strett al World Trade Center. Vuoto.
Un vuoto racchiuso da teloni che qualcuno cerca ora di riempire di altro. Così quel vuoto diventa cantiere in cui lavorano degli operai. Eppure sbirciando tra le fessure di quei teloni la sensazione è che le proporzioni non tornano. Lo spazio in cui erano stipate le torri gemelle, una accanto all'altra, è troppo piccolo se paragonato alla tragedia di quel crollo. E non sono solo i morti, ma per lo squarcio storico che si è aperto a Ground Zero.
Ho provato a immaginare le torri in mezzo agli altri grattacieli; mi sono rivista la scena degli schianti. Altro problema con le proporzioni, ma stavolta c'entra l'altezza. Tutti i grattacieli mi sembrano alti, ma nessuno a portata di volo di un aereo civile. Quanto erano alte le torri se quegli aerei non hanno avuto bisogno di fare scicane tra gli altri grattacieli? Giù dal basso, guardando quel cantiere sembra quasi impossibile anche se il tutto è avvenuto in diretta.

Il ricordo resta lì.
Oggi c'è un nuovo Presidente, c'è stata l'idea di un tempo migliore a cui tutti anche al di qua di quell'oceano vogliamo credere, nonostante gli altri morti caduti oltre lo spazio di quei grattacieli. Nessuna guerra è stata vinta. Nemmeno quella contro la stupidità, anzi. La stupidità accende i microfoni di chi tra le urla dei predicatori ha promesso fiamme per distruggere un libro sacro. Fiamme che non si sono alzate verso nessun cielo, ma che comunque hanno infiammato il tempo dei ricordi e del rispetto che ancora non riusciamo ad esprimere nel modo giusto verso nessuna vittima, al di là di ogni religione.
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8 settembre 2010


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Di camorra si muore

Un sindaco è stato ucciso dalla camorra. Tornava a casa. Lo hanno colpito mentre era in macchina scaricandogli addosso una serie di colpi. Un'esecuzione in piena regola per punire un uomo che aveva fatto della legalità il proprio modo di governare.
Era l'11 dicembre 1980. Quell'uomo si chiamava Marcello Torre ed era sindaco di Pagani.

Un sindaco è stato ucciso dalla camorra. Tornava a casa. Lo hanno colpito mentre erano in macchina scaricandogli addosso una serie di colpi. Un'esecuzione in piena regola per punire un uomo che aveva fatto della legalità il proprio modo di governare.
Era il 5 settembre 2010. Quell'uomo si chiamava Angelo Vassallo ed era sindaco di Pollica.

Pagani e Pollica sono due comuni della provincia di Salerno. Pagani fa 35.934 abitanti. Pollica ne fa 2474. Tra Pagani e Pollica ci sono 113 chilometri, 30 anni e due uomini, due sindaci morti per buona amministrazione.

Per l'omicidio di Marcello Torre il 10 dicembre 2001 la Corte di Assise di Appello di Salerno condanna all'ergastolo Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizzata, sentenza confermata dalla Corte di Cassazione il 4 giugno 2002. La condanna a morte di Torre era stata decisa dalla NCO perchè il sindaco di Pagani si era opposto apertamente alle infiltrazioni camorristiche nelle procedure di assegnazione degli appalti per la ricostruzione dopo il terremoto dell'Irpinia.
Per l'omicidio di Angelo Vassallo indaga la Direzione Distrettuale di Salerno.

Nel 1980 io vivevo a Pagani, avevo 2 anni e non ricordo l'agguato a Marcello Torre. Da oggi ricorderò quello di Angelo Vassallo, ma in questa guerra nessuna vittima può essere dimenticata.
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7 settembre 2010


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Politici sopra(f)Fini

Lo ammetto, sono disorientata.

Mirabello è un paesino nell'Emilia Romagna, una regione notoriamente “rossa”. Il sindaco di Mirabello è una donna eletta in una lista civica con un passato a sinistra. Tutto normale e quasi anormale in un paese a destra.

Mirabello su wikipedia non c'è, ma forse ci sarà.Potrebbe esserci dopo il 5 settembre 2010. Potrebbe esserci perchè a Mirabello si è detto che il “PDL non c'è più!” E il PDL su Wikipedia c'è.

Fini, una volta fascista, che fu MSI prima e AN poi, parla a braccio per quasi due ore e punta il dito verso il dittatore comunista: Berlustalin, il capo di un governo di destra.

Fini pronuncia parole strane come integrazione, rispetto, legalità, costituzione, popolo. Le parole che una certa politica, al governo, cercava di farci dimenticare e che una certa politica, all'opposizione, ha dimenticato. Fini pronuncia parole che quelli a sinistra credevano fossero a sinistra. Parole che quelli a sinistra hanno sperato fossero ancora a sinistra. Fini pronuncia parole da oppositore, diventando un oppositore stando in maggioranza. Fini, di questo governo, era un compagno di squadra. Fini adesso sembra solo un compagno. Un traditore per alcuni, il salvatore della Patria per altri. Forse è solo un'alternativa. Forse è l'alternativa. Forse. O forse no.

Quello che è certo è che Fini è un politico, non un imprenditore della politica.

Quello che è certo è che adesso la più grande differenza è tra chi intende la politica come interesse personale e tra chi la intende come un interesse comune. Quello che è certo è che c'è un vuoto in questo Paese e che la vera differenza è tra chi è capace di colmare quel vuoto e chi invece non ci riesce. Quel che è certo è che abbiamo una legge elettorale che è una porcata. Quello che è certo è che alla fine di un discorso politico ti devono tremare le mani dall'emozione e che se chiedi un bicchiere d'acqua quel tremore si vede.

Quello che è certo e che in caso di elezioni potrei cominciare a chiedermi cosa votare.

Il delfino divenne squalo, mentre si apriva la stagione della caccia al voto.

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2 settembre 2010


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Io sono Sakineh Mohammadi Ashtiani

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.
Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?". Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo.
Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.
E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei". E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
(Vangelo di Giovanni 8, 1-11)

Sakineh Mohammadi Ashtiani, 43 anni, madre di due figli, è detenuta nel braccio della morte nel carcere di Tabriz, nord-ovest dell'Iran.
Sakineh Mohammadi Ashtiani è stata condannata nel maggio 2006 per aver avuto una "relazione illecita" con due uomini ed è stata sottoposta a 99 frustate, come disposto dalla sentenza. Successivamente è stata condannata alla lapidazione per "adulterio durante il matrimonio", accusa che lei ha negato.
Durante il processo, Sakineh Mohammadi Ashtiani ha ritrattato una "confessione" rilasciata sotto minaccia durante l'interrogatorio e ha negato l'accusa di adulterio. Due dei cinque giudici hanno ritenuto la donna non colpevole, facendo presente che era già stata sottoposta a fustigazione e aggiungendo di non aver trovato le necessarie prove di adulterio a suo carico. Tuttavia, i restanti tre giudici, tra cui il presidente del tribunale, l'hanno ritenuta colpevole sulla base della "conoscenza del giudice", una disposizione della legge iraniana che consente ai giudici di esprimere il loro giudizio soggettivo e verosimilmente arbitrario di colpevolezza anche in assenza di prove certe e decisive. Giudicata colpevole dalla maggioranza dei cinque giudici, Sakineh Ashtiani Mohammadi è stata condannata alla lapidazione.


Teniamo fuori la religione. Sono solo due storie. Una ricorda l'altra e in una ha vinto la ragionevolezza, mentre per l'altra ancora si combatte e si aspetta. La ragionevolezza, appunto.
Oggi devo essere Sakineh restando me stessa. Ricordando lei e schierandomi al suo fianco.
In nome della ragionevolezza.

http://temi.repubblica.it/repubblica-appello/?action=vediappello&idappello=391170&ref=HREC1-2
http://www.repubblica.it/esteri/2010/08/30/news/lettere_a_sakineh-6585448/?ref=HREC1-2
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1 settembre 2010


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Nel circo equestre il primo ministro è diventato galoppino

E' finito il teatrino, è stato smantellato il circo, il campeggio in ambasciata è stato chiuso.
Il nano e il clown truccato da lampadato sono scesi dal palcoscenico. Il pubblico pagato, fatto di giovani donne di bella presenza è stato congedato dopo una lezione sulla religione che verrà, una copia del Corano e una medaglietta con il ritratto del pagliaccio, prossimo salvatore. Ai visi ben truccati, (com)piaciuti e (com)piacenti anche la promessa di salvezza, ma solo in caso di conversione e il consiglio di cercar marito nel paese di là, per consolidare con promesse nuziali la nuova amicizia tra due paesi prima nemici.
I cavalli sono tornati nelle stalle, il dittatore è tornato dittatore e il primo ministro ha smesso di fare lo stalliere. Ma i panni da padrino non si smettono mai.
I riflettori sono stati spenti, le televisioni anche. I giornali del giorno prima sono diventati buoni per incartarci il pesce, che come l'ospite, dopo tre giorni puzza. E infatti l'ospite è andato via. A rimanere sono gli strascichi e le polemiche di quelli che ai parchi giochi preferiscono i giochi al parco; l'indignazione dei prelati che fra un miserere e un'estrema unzione maledicono la sessione di propaganda islamica, lanciando anatemi attraverso un giornale dal titolo futurista.
I malumori sono arrivati anche dal popolo verde che abita sopra il Po e che odia i neri, quasi tutti i neri, ma soprattutto quei neri (al)là(h). Eppure i toni non si sono accesi e le parole sono rimaste miti nel segno giusto del compromesso di ribadire che loro restano paladini e futuri crociati se necessario, ma che nessuna guerra (per adesso) sarà dichiarata per offendere le cerimonie del nano cerimonioso soprattutto mentre il nano generoso con i soldi dello Stato fa giocare il pagliaccio iroso, ma gioioso quando qui e solo qui può mettere in scena parate, festeggiamenti e cene di gala.
Eravamo il paese di pulcinella. Diventeremo il paese dell'amico beduino?
Carosone cantava: "Allah! Allah! Allah! ma chi c' ha ffatto fa'?"
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30 agosto 2010


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Andate e ritorni... on line

La prima regola di un buon blog è: aggiorna il tuo blog!
Ma io aggiungo (naturalmente per tirar l'acqua al mio mulino): a meno che tu non abbia un ottimo motivo per non farlo. Il mio motivo era una vacanza!
Qualche giorno per cambiare aria, per cambiare faccia, per cambiare colore (senza riuscirvi) per cambiare vista e cose viste. Uno zaino in spalla, un po' di strada sotto i piedi, compagni di viaggio da sostituire ai colleghi lasciati (e poi ritrovati) in ufficio.
Un'occasione per aver qualcosa di nuovo da raccontare.
Così questa storia comincia dopo aver fatto i bagagli: “giuro che parto solo con 4 maglie, 2 paia di pantaloni e un solo paio di scarpe!!” E lo zaino da portare in spalla finì per pesare poco più di 10 kg!! La storia comincia, dicevamo, dovo aver chiuso il gas, dopo aver rinvasato tutte le piante con del terriccio altamente tecnologico capace di autodrenarsi per quasi 30 giorni (pur sapendo di mancare molto meno), dopo aver chiuso l'acqua, dopo aver abbassato tutte le tapparelle, dopo aver serrato le finestre e dopo aver dato una doppia mandata alla porta di casa.
La storia e il vero viaggio comincia a Tangeri, in Marocco quando tutti i protagonisti/viaggiatori si incontrano per formare un grande, splendido gruppo così composto: me, ovvero l'Hobbit pallido; la Traduttrice; Yussef Citron; la “Cecatella” da un occhio chiuso; il Marocchino svedese che non è alemano; la Rubia.

Tangeri ci accoglie con il benvenuto di uno pseudo famoso anziano maratoneta che ci mette di buon umore, ci ristora con il primo tè alla menta e ci schiaffeggia con i bambini che sniffano colla.
Ma Tangeri è solo il punto d'arrivo, la città da cui prenderemo un treno per recarci nella straordinaria Marrakech e le cuccette dei treni notturni non hanno nulla per cui rimpiangere i treni delle fs italiane.

A Marrakech il sole splende alto sulla piazza Jema El-Fna, dichiarata Patrimonio Orale e Immateriale dell'Umanità e bisogna aspettare la sera per capire appieno proprio il valore orale e immateriale che L'Unesco ha attribuito a questo posto. La moltitudine di persone che attraversano la piazza si ferma nella moltitudine di capannelli che animano lo spazio: veri e propri “ristoranti” con dell'ottimo cibo mangiato su panche e tavoli di legno pieni di gente, che si dipanano da carretti dove nel fumo si arrostisce di tutto, dalla carne al pesce; incantatori di serpenti e scimmie ammaestrate che si alternano a ballerini e narratori chissà di quale storie; musicanti e vecchi maghi/illusionisti dai trucchi semplici con mille rughe e pochissimi denti; venditori di ogni sorta e di ogni merce; donne armate di siringhe per i tatuaggi all'henne; carretti di spremitori di arance e di aranciate bevute per poche dirham. Golfisti improvvisati a far entrar palline che corrono su piccoli tappeti stesi all'occorenza; pescatori armati di canne senz'ami ma con degli anelli per centrare bottiglie di coca cola.
Questo, ma non solo questo. In una piazza che non è solo un luogo ma un mondo fatto di persone diverse, culture diverse, occhi diversi pronti a guardare in maniera diversa. Un luogo che sembra fermo nel tempo e che davvero non sembra poi così diverso da vecchie foto che lo ritraggono anni e anni fa e che per questo cambia davvero più di qualsiasi altro, perchè a cambiare sono le gambe che l'attraversano, le voci che lo raccontano, gli incontri che si vi nascono ogni sera, le trattative per un caftano venduto ad un turista, ogni sera diverso.

A Meknes la medina cambia: le sue stradine sono più strette, più fitte e il sole vi entra meno. E i negozi traboccanti di caftani e di babbucce di ogni colore si alternano ai negozietti stracolmi di scarpe da ginnastica e magliette che ricordano griffe famose a noi occidentali. Poi ci sono le botteghe di sarti che a vestire e investire (sui) turisti non ci pensano proprio. La sensazione è che Meknes sia meno abituata a vivere di turisti e più abituata a vivere di sé stessa e a noi viene lasciato il tempo per guardarci intorno senza per forza dover schivare gli attacchi di contrattazione per ogni cosa sui cui poggiamo gli occhi. A Meknes ci sentiamo quasi parte della medina e facciamo i conti con la carenza d'acqua corrente, che è il problema che nei mesi estivi affligge questa città.

Fes, invece, è la città che non mi aspettavo. Enorme, guardandola da un belvedere da cui piovono pietre su ignari marocchini svedesi che non sono alemani. Un brulicar di luci accese dopo il tramonto e torri di minareti da cui si diffondono preghiere coraniche.
Fes è una città che ama i turisti. Li incanta, li stordisce, li spinge a spendere, li sfama in ristoranti dal cibo (sempre) succulento e delizioso. Ma Fes è una città che odia i turisti, per quella ricchezza, che non sempre è ricchezza, ma che li porta lì solo per le vacanze, con quei visi rilassati e con quegli occhi curiosi che talvolta si posano su una povertà estrema che non sono capaci di vedere. Allora Fes diventa una città difficile, la più difficile per noi in questo viaggio.
Fes è la città delle sirene suonate al tramonto per sancire la fine della giornata di Ramadan, cominciato proprio il giorno del nostro arrivo, ed è la città degli strombazzamenti nella medina e nelle strade della parte nuova che fanno da sveglia alla popolazione musulmana alle 3 del mattino per ricordare a tutti di mangiare e bere prima dell'arrivo di un nuovo giorno.
Abbiamo provato a capirlo il Ramadan e non so se ci siamo riusciti. Il senso di privazione che rende felici i fedeli che con pazienza e con caparbietà rispettano i dettami di una religione che poco conosciamo, mentre finchè il sole splende (e scalda tanto) non si mangia e non si beve.
C'abbiamo provato anche noi, a nostro modo a fare un po' di Ramadan e non sempre ci siamo riusciti.

Chefchaouen è un cumulo di case bianco/celesti appoggiate sul fianco di una montagna. Un'oasi adagiata sulla roccia con stradine che salgono e scendono attraversando il paesino, con la piazza dove le sedie affacciano su un abete che sembra il monumento più importante, con le cascate che brulicano di bambini e ragazzetti che hanno trovato il modo anche di arrangiare una piattaforma per i tuffi, con il tramonto da guardare seduti sul parapetto della moschea che è in alto alla fine di una strada che corre verso una cima facilmente accessibile e con il sole davanti che scompare dietro le case. Un posto che ha meno fretta di altri, dove anche il caldo smette di far dannare.
Un posto dove scegliamo di rilassarci con metodi classici di questa cultura e che vanno oltre gli angoli dei viottoli ai quali ragazzi di tutte le età ti offrono del fumo.
Ci dividiamo: uomini e donne come ai balli delle medie e andiamo in un hammam. Bagni pubblici dove le donne socializzano, oltre a farsi belle e dove ognuna impara una cosa che la nostra società sembra sempre più dimenticare: prendersi cura dell'altro. Restare nudi dinanzi ad altre persone in maniera del tutto naturale e lasciare che gli altri si occupino delle nostre schiene, dei nostri capelli, come facevano le nostre mamme come quando eravamo piccole e come forse toccherà fare a noi quando loro saranno anziane. Però c'è un tempo di mezzo in cui dimentichiamo una certa forma di condivisione possibile nei gesti che da noi diventano privati, così in una società sempre meno vestita (la nostra) troviamo quasi difficile, private dei vestiti, affidarci a mani disposte a prendersi cura di noi non per massaggiarci ma per lavarci, mentre loro, le donne, abituate a lasciar intravedere poco del loro corpo restano stranite dinanzi al nostro imbarazzo. La scoperta è ritrovarsi con i gesti e con i sorrisi che vanno al di là delle cose che non riusciamo a dirci a causa di una lingua che non riusciamo a parlare.

Il punto di partenza è anche punto d'arrivo, come se questo viaggio fosse un cerchio da dover chiudere. Per questo torniamo a Tangeri che adesso ci sembra più brutta, più sporca, e più occidentale di quando questo viaggio era cominciato.

Il resto è difficile raccontarlo: i volti incrociati, le parole scambiate con ragazzi marocchini sulle terrazze dei bar dove ci sono poche donne, la gentilezza di persone che ci hanno fatto da guida, da cuoche, da amici, da ospiti aiutandoci a farci sentire dei viaggiatori più che dei turisti. Le risa per un gruppo che mentre era in viaggio affrontava piccole grandi sfortune e disavventure. Il caldo sofferto in un viaggio durato quasi 6 ore nel vagone di un treno di prima classe senza aria condizionata. Le contrattazioni per ogni acquisto da fare e la consapevolezza che in un modo o nell'altro eravamo sempre riuscita a farci “fregare”. I gatti in ogni angolo, in ogni città, in ogni strada percorsa. Gli incontri che non ti aspetti e la possibilità di camminare sui chiodi guidata da un fachiro de Roma che insegna l'italiano ai marocchini parlando una lingua che di italiano ha ben poco. Le storie di chi questo Paese l'ha scelto anche provenendo da altri luoghi e di chi questo Paese l'ha scelto dopo essere stato in altri luoghi.

Raccomandazioni: attenzione agli spazzolini da denti! Possono essere armi di (auto)distruzione di massa, che possono mettere a rischio un viaggio se non usati con cautela.

Sarà per questo che alla fine del viaggio io pensavo al mio spazzolino elettrico restato a casa.

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5 agosto 2010


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cosi tra questa immensità s'annega il pensiero mio: e non sarà facile navigar in questo mare

Quindi cosa voglio fare da grande? La blogger?
Un lavoro ce l'ho già, ma questo rappresenta un mezzo e un nuovo modo per esprimermi.
Per me va già bene così.
Ma questo è un mondo (virtuale) che devo scoprire e in cui devo orientarmi, così mi sono messa alla ricerca di guide e chi ti becco in questo mio peregrinar in cerca in informazioni? Nientepopodimeno che il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Renato Brunetta!
Ho quasi paura e forse è per questo che continuo ad informarmi, ma scopro che è lui che chiede un parere a me!
Il fatto è questo, statemi a sentire (cit.):

Per costruire una governance di Internet credibile e partecipata è fondamentale seguire un approccio “bottom up”: è questo il modo con il quale la Rete ha funzionato fino ad oggi.

Abbiamo così deciso di raccogliere e sistematizzare le esperienze e le prassi che si sono affermate sulla Rete al fine di individuare punti ideali di equilibrio, in analogia a quanto fece il giurista sardo Domenico Azuni che raccolse leggi, usi, consuetudini, ordinanze e decisioni consolidate per la navigazione sui mari dell’Europa di inizio ‘800.

Il primo passo da compiere per dare avvio all’operazione “Codice Azuni” è dare voce agli utenti della Rete per condividere come “orientarsi” sulla Rete.

Con il documento“Codice Azuni versione Beta”, il dibattito sulla governance di Internet è da oggi (e per un mese) aperto a tutti coloro che sono interessati a contribuire alla riflessione sulle problematiche, sulle sfide e sulle opportunità che Internet pone.

Renato Brunetta

(Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione)

http://www.azunicode.it/

La discussione sembra sia cominciata ieri, ovvero il 4 agosto. Per dire la nostra abbiamo 30 giorni. Io sabato parto per le vacanze, perchè da italiana sono stata abituata (e anche un pò obbligata) a fare le ferie ad agosto. E se tornassi troppo tardi per dire la mia? Se ognuno di noi in questo periodo fosse solo un pochino distratto o semplicemente stanco e a riposo per riprendere, poi, le proprie normali attività a settembre?

Ad agosto le discussioni in questo Paese si fanno sotto l'ombrellone, con i giornali di gossip sulle ginocchia, lamentandosi del troppo caldo in caso di caldo o lamentandosi della pioggia in caso di pioggia. Devo sperare di incontrare Brunetta in riva al mare per dirgli la mia sulle norme che dovrebbero regolamentare il "dolce naufragar in questo mare"?!

In un Paese dove la voglia di lavorare non ci viene nemmeno con le piogge uggiose di stagioni più consone a meno distrazioni, qui si lavora di buona lena a raccolgiere pareri espressi in una manciata di giorni.

Il mio aereo parte comunque sabato mattina. Povera me...


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4 agosto 2010


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In principio fu... il primo post

Chi ben comincia è a metà dell'opera.

Tutto questo non mi rassicura affatto, ma mi spinge verso la ricerca del primo post (quasi) perfetto. E da dove si comincia?
In principio fu la voglia di ritornare a scrivere, poi ci fu l'ASSURDA convinzione di aver qualcosa da dire, poi arrivò l'idea della sfida nel mettere in piedi qualcosa da sola e poi la consapevolezza di un mondo che non conosco ma che posso imparare. Esattamente come hanno fatto tanti altri prima di me, in modi diversi e per questo a modo mio.
Ho (quasi) 32 anni, vivo in una città che non è la mia in cui sono "costretta" come si è costretti in una specie di matrimonio di convenienza. Tra gli alti e i bassi di un matrimonio di convenienza dove la convenienza è solo mia, esattamente come l'inconvenienza. Perchè lei, la città, se ne frega.
Ho un lavoro (e di questi tempi già questa è una fortuna) che mi piace (e questo è un privilegio) con un normale contratto a tempo indeterminato (e questo, di questi tempi, è un miracolo).

Ho una casa mia, o per meglio dire un mutuo mio, delle mie rate da pagare ogni 21 del mese e la certezza che nei tempi in cui anche i rapporti sembrano essere precari o a tempo determinato, le mie rate mi accompagneranno per i prossimi 30 anni o poco meno.
Ho molti amici, qualche uomo giusto diventato "ingiusto", qualcuno che potrebbe essere quello “buono”, una famiglia presente, una classe politica assente, dei valori in cui riconoscermi in cui ci si riconosce sempre meno.

Ho una bicicletta e polpacci grossi per pedalare.

Ho la passione per la fotografia e un dito pigro allo scatto; ho la passione per il teatro e la paura del palcoscenico; ho la passione per il cinema e l'avversione per le sale troppo buie.

Ho il pollice verde e le nature morte o sull'orlo del suicidio.

Ho un carattere solare e la testa fra le nuvole.

Ho poco tempo e enormi ritardi. Non ho un orologio al polso, né il ticchettio assordante di un orologio biologico e una sveglia che suona tutte le mattine.

Ho il naso lungo e le gambe corte e non dico mai bugie.

Ho una valigia ancora da disfare e uno zaino da preparare.

E magari nessuna di queste cose sarà abbastanza per un blog.

Forse per questo la domanda sorge spontanea (cit.): ma perchè un blog?

Per adesso ho una sola risposta, che risposta non è: e perchè no?

In fondo male non può fare!

 

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