4 giugno 2018


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Soumayla non era un ladro

"Migranti, la pacchia è finita!"
Il 2 giugno è morto Soumayla Sacko, 29 anni del Mali, ucciso da un colpo di lupara sparato a distanza chissà da chi. 
Vi diranno che stava rubando, così la sua morte non dovrà indignarvi, ma non è vero. 
Prendeva lamiere da una fabbrica dismessa, rifiuti da un posto abbandonato, per aiutare qualcun altro a costruirsi una baracca, una casa.
Siete mai stati in una fabbrica dismessa? Avete mai camminato in un posto abbandonato? Vi siete mai incuriositi, smuovendo lamiere che chissà cosa nascondevano? A me è successo. Ero più giovane e mi ficcavo dovunque pur di trovare un posto "originale" da fotografare. 
A questo punto sono viva per miracolo. O forse no: sono bianca.
Ma Soumayla non era un ladro, era nero.
Se dovessi vedere un ladro rubare io chiamerei la polizia, non mi metteri a sparare.
Ma Soumayla non era un ladro, era nero.
Magari il razzismo non c'entra, magari dietro a questa storia c'è altro: la criminalità, il caporalato. Quel ragazzo era iscritto ad un sindacato che lotta contro paghe da fame e sfruttamento. Chissà.
Ma Soumayla non era un ladro, era nero.
E va ripetuto perché qualsiasi sia il motivo di questo crimine, chi l'ha commesso l'ha fatto pensando che tanto, ormai, in Italia uccidere un nero è un crimine minore perché qualcuno twitta, posta, dice: "Migranti, la pacchia è finita!"
Ma Soumayla non era un ladro, era persona.
E chiunque non la pensi così, chiunque faccia passare per buone le parole di un Ministro degli Interni, razzista, è razzista come lui.
Sia chiaro. Se prima di condannare un crimine guardate il colore della pelle è stabilite che la morte di un nero possa valere meno o possa essere giustificata in qualche modo, allora siete razzisti. 
E' questa è l'unica cosa chiara in questa brutta storia nerissima.

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