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24 settembre 2010


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Due pesi e due misure

Ci siamo indignati perchè un paese ha condannato a morte tramite lapidazione una donna colpevole di adulterio. Ci siamo battuti e nessuna pietra è stata scagliata. Almeno per adesso.

Stamattina alle 3:13 ore italiana una donna è stata giustiziata. Aveva 41 anni ed era stata condannata per aver commissionato a due uomini l'omicidio del marito e del figlio adottivo di lui. Il crimine sarebbe stato pianificato per incassare i soldi dell'assicurazione sulla vita del marito.

Un duplice omicidio (anche se commesso da altre mani) non è un adulterio. Ha un peso diverso.
Una condanna a morte è sempre una condanna a morte.
Teresa Lewis non è (non era) Sakineh Mohammadi Ashtiani. L'America (Teresa Lewis è stata giustiziata in Virginia) non è l'Iran.

Eppure gli appelli alla clemenza erano arrivati anche stavolta da tutto il mondo, ma con una cassa di risonanza diversa. Teresa Lewis aveva un quoziente intellettivo appena sopra al limite legale per il quale un'esecuzione viene ritenuta incostituzionale (70 è il limite e 72 era quello di Teresa). Non solo: la difesa ha sostenuto fino all'ultimo che la donna soffriva di un disturbo di personalità che la rendeva dipendente. Nessuna clemenza, nemmeno dinanzi ad una donna con ritardi mentali.

Spaventa più il crimine o l'idea che una donna venga giustiziata?
Una condanna a morte per lapidazione è qualcosa di arcaico, vile, lontano, spaventoso.
Una condanna a morte con un'iniezione letale può sembrare un modo più moderno, meno vile e meno spaventoso?

Il boia viene sempre pagato per uccidere. Anche il suo stipendio, tra l'Iran e l'America, avrà un peso e una misura diversa.
L'essere civili dove ci guadagna?
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23 settembre 2010


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Gli eroi non muoiono

Ci sono persone che fanno bene il loro lavoro. Ci sono giornalisti che sanno scrivere la verità. Ci sono verità che diventano condanne a morte e insegnano, a chi resta, il valore che possono avere certe parole. Giancarlo Siani sapeva fare il suo mestiere, non era ancora un giornalista professionista, ma aveva coraggio e passione. E aveva 26 anni appena compiuti. Campano e martire. Campano ed eroe. Un eroe morto 25 anni fa, il 23 settembre del 1985. Ammazzato perchè aveva coraggio, passione e perchè sapeva fare il suo lavoro: scrivere la verità.

Questo è l'articolo pubblicato da "Il Mattino" del 10 giugno del 1985 che decretò la sua condanna a morte.

Potrebbe cambiare la geografia della camorra dopo l'arresto del super latitante Valentino Gionta. Già da tempo, negli ambienti della mala organizzata e nello stesso clan dei Valentini di Torre Annunziata si temeva che il boss venisse «scaricato», ucciso o arrestato.
Il boss della Nuova famiglia che era riuscito a creare un vero e proprio impero della camorra nell'area vesuviana, è stato trasferito al carcere di Poggioreale subito dopo la cattura a Marano l'altro pomeriggio. Verrà interrogato da più magistrati in relazione ai diversi ordini e mandati di cattura che ha accumulato in questi anni. I maggiori interrogativi dovranno essere chiariti, però, dal giudice Guglielmo Palmeri, che si sta occupando dei retroscena della strage di Sant’Alessandro.
Dopo il 26 agosto dell'anno scorso il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di «Nuova famiglia», i Bardellino. I carabinieri erano da tempo sulle tracce del super latitante che proprio nella zona di Marano, area d’influenza dei Nuvoletta, aveva creduto di trovare rifugio. Ma il boss di Torre Annunziata, negli ultimi anni, aveva voluto «strafare».
La sua ascesa tra il 1981 e il 1982: gli anni della lotta con la «Nuova camorra organizzata» di Raffaele Cutolo. L’11 settembre 1981 a Torre Annunziata vengono eliminati gli ultimi due capizona di Cutolo nell'area vesuviana, Salvatore Montella e Carlo Umberto Cirillo. Da boss indiscusso del contrabbando di sigarette (un affare di miliardi e con la possibilità di avere a disposizione un elevato numero di gregari) Gionta riesce a conquistare il controllo del mercato ittico.
Con una cooperativa, la Do. Gi. pesca (figura la moglie Gemma Donnarumma), mette le mani su interessi di miliardi. È la prima pietra della vera e propria holding che riuscirà a ingrandire negli anni successivi. Come «ambulante ittico», con questa qualifica è iscritto alla Camera di Commercio dal ‘68, fa diversi viaggi in Sicilia dove stabilisce contatti con la mafia. Per chi può disporre di alcune navi per il contrabbando di sigarette (una viene sequestrata a giugno al largo della Grecia, un'altra nelle acque di Capri) non è difficile controllare anche il mercato della droga.
È proprio il traffico dell'eroina uno degli elementi di conflitto con gli altri clan in particolare con gli uomini di Bardellino che a Torre Annunziata avevano conquistato una fetta del mercato. I due ultimatum lanciati da Gionta (il secondo scadeva proprio il 26 agosto) sono alcuni dei motivi che hanno scatenato la strage. Ma il clan dei Valentini tenta di allargarsi anche in altre zone. Il 20 maggio a Torre Annunziata viene ucciso Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica, controllava il mercato dei fiori di Pompei. A luglio Gionta acquista camion e attrezzature per rimettere in piedi anche il mercato della carne. Un settore controllato dal clan degli Alfieri di Boscoreale, legato a Bardellino.
Troppi elementi di contrasto con i rivali che decidono di coalizzarsi per stroncare definitivamente il boss di Torre Annunziata. E tra i 54 mandati di cattura emessi dal Tribunale di Napoli il 3 novembre dell'anno scorso ci sono anche i nomi di Carmine Alfieri e Antonio Bardellino. Con la strage l'attacco è decisivo e mirato a distruggere l’intero clan. Torre Annunziata diventa una zona che scotta. Gionta Valentino un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana. Con la cattura di Valentino Gionta salgono a ventotto i presunti camorristi del clan arrestati da carabinieri e polizia dopo la strage.
Ancora latitanti il fratello del boss, Ernesto Gionta, e il suocero, Pasquale Donnarumma.

Giancarlo Siani.

http://www.giancarlosiani.it
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21 settembre 2010


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E' morto Sbirulino! Evviva Sbirulino!

Al di là della donna di spettacolo, al di là del personaggio pubblico, al di là di una vita passata su un palcoscenico, davanti a delle telecamere, al di là della morte. Perchè questa morte non mi dispiace. Perchè a volte la morte è una fortuna, lo è quando si va oltre il “finchè morte non ci separi”. Per chi ci crede si potrebbe dire: “finchè morte non ci unisca di nuovo”. E allora, cercando di non cadere nella retorica, sorrido alla coppia che mi piaceva più di una qualsiasi favola con il lieto fine, più dei grandi amori strappalacrime. Sorrido all'ironia di due persone che erano singoli, ma che erano un duo e che erano una sola cosa e che forse adesso lo saranno ancora.
Una coppia: amici, colleghi, amanti, marito e moglie e genitori senza aver partorito figli. Nello spettacolo, nella vita. In equilibrio quasi perfetto.
Come due clown, come nei loro sketch, avevano imparato il segreto per strappare sorrisi e per vivere insieme per tutto il loro tempo strappandosi sorrisi. Succede sempre meno. Nello spettacolo quasi mai. Loro invece erano lì e sono entrati nel linguaggio comune e non per le lore battute, ma per il loro modo di essere coppia.
“Sembrate Sandra e Raimondo!” Ma chi ci è riuscito davvero?
Ci sono riusciti loro.
Perciò, questo era l'unico finale possibile. Non un finale da favola, ma del resto questa era una storia vera.
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17 settembre 2010


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Per fortuna è venerdì 17!

Ma figurati, io alla superstizione non ci credo!! Oggi? E' solo un giorno qualsiasi.
Un venerdì 17.
Nessuno sembra disposto a credere alle superstizione, al malocchio, all'occulto, ma oggi sfido qualcuno a passare sotto una scala, a versare a terra del sale, ad aprire un ombrello in un luogo chiuso, a rompere uno specchio. Insomma non ci crediamo o, forse, solo non siamo disposti ad ammetterlo!
E allora ammettiamolo.
Io ho vestito gli stessi panni per i primi tre esami all'Università. Poi arrivò l'estate.
Allora sostituii gli abiti con un rito piccolo piccolo che ho ripetuto sino al giorno della laurea.
Non ho amuleti, cornicelli, zampe di coniglio, pelle di serpente, talismani, ma alcune cose che considero dei porta fortuna. Un giorno forse avrò le zampe di gallina.
Non ho mai fatto pozioni magiche o filtri d'amore, ma ad Istambul ho preso il tè dell'amore e sino ad oggi non ho ancora avuto il coraggio di usarlo. Metti che lo faccio bere all'uomo sbagliato...
Non ho mai indossato biancheria rossa a capodanno, ma non sono mai entrata in scena vestendo qualcosa di viola.
Mi piacciono i gatti neri, così come tutti gli altri gatti, ma faccio attenzione a quando verso l'olio.
E mi fermo qui.

La verità è che “essere superstiziosi porta male” perchè se non ci si gioca con la superstizione allora questa non solo non serve, ma finisce per essere deleteria per chi ci crede. E proprio per giocarci con il malocchio oggi, venerdì 17, si celebra la seconda giornata anti-superstizione, organizzata dal CICAP (Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale – www.cicap.org), che da oltre 20 anni è impegnato a combattere l’irrazionalità, la superstizione e il pregiudizio con le armi della scienza e della ragione. Per dare un calcio alla sfortuna, in diverse piazze italiane (http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=274280) ci si incontrerà rigorosamente alle 17:17.
Mentre per chi non se la sente e per chi decide che anzichè sfidare la fortuna preferisce assecodarla, ricordiamo di portarsi dietro un chiodo, un cornetto rosso, un amuleto con un gobbetto, un vecchio ferro di cavallo, o cucirsi sui vestiti un pezzetto di nastrino rosso.

E se proprio non si riesce a far a meno di credere ad una qualsiasi credenza allora ognuno può scegliere la sua.
Se si vede un gatto lavarsi il muso con una zampa è segno che presto arriverà la pioggia.
Se, nel vestirsi la mattina, inavvertitamente si indossa un capo d'abbigliamento al rovescio si riceveranno visite gradite o buone notizie.
Se inavvertitamente si scopano i piedi delle ragazze nubili, per esse sarà difficile trovare un marito.
Chi pianterà un alberello di noce, avrà una lunga vita.
Uccidere un gatto può significare sette anni di sventure, poiché è credenza diffusa che questo simpatico felino abbia sette vite.

In ogni caso ricordiamoci che, per fortuna o per sfortuna, un giorno dura solo 24 ore. E questo è già quasi andato!! Anche se non sono ancora passate le 17:17!
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12 settembre 2010


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Un ministro piccolo piccolo

"Se non avessimo la Calabria, la conurbazione Napoli-Caserta, o meglio se queste zone avessero gli stessi standard del resto del Paese, l'Italia sarebbe il primo Paese in Europa". Sono le parole del Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, che parlando del federalismo aggiunge: “C'è un sistema malato ben rappresentato dalla "conurbazione" Napoli-Caserta che è un cancro sociale e culturale. Un cancro etico, dove lo Stato non c'è, non c'è la politica, non c'è la società".

Napoli è una città dalle mille anime e dalle mille facce. Non un paradiso, non lo è mai stato. A Napoli c'è la Camorra vi si è sostituito allo Stato quando lo Stato ha lasciato uno spazio così grande da poter essere sostituito. Ma Napoli ha mille anime e mille facce.

Fu fondata tra il IX e L'VIII secolo a.C. da coloni greci; successivamente rifondata come Neapolis (Νεάπολις in greco) nella zona bassa tra la fine del VI e l'inizio del V secolo a.C. Nel corso della sua storia quasi trimillenaria Napoli vedrà il susseguirsi di lunghe e numerose dominazioni straniere, rivestendo una posizione di rilievo in Italia e in Europa. Dopo l'impero romano, nel VII secolo la città formò un ducato autonomo, indipendente dall'Impero bizantino; in seguito, dal XIII secolo e per circa seicento anni fu capitale del Regno di Napoli. Da Napoli, agli inizi del XV secolo, sotto Ladislao I di Durazzo, partì il primo tentativo di riunificazione d'Italia; successivamente la città divenne il centro politico dell'Impero Aragonese. Per motivi storici, artistici, politici ed ambientali fu, dal basso medioevo fino all'Unità, tra i principali centri di riferimento culturale, al pari delle altre principali capitali del continente. (*)

Nel 1799 le armate francesi, le più forti del tempo, erano state fermate all'ingresso della città da un'insurrezione di popolo, dopo che si era sciolto l'esercito borbonico.

Nel settembre del 1943 una nuova insurrezione dei civili riuscì a liberare Napoli dall'occupazione delle forze armate tedesche. Prima dell'arrivo degli americani.

Napoli è una città dalle mille anime e dalle mille facce e dalle mille colpe. Una è quella di non aver risposto sempre ai tipi di occupazione di cui è stata vittima, con la stessa forza del 1799 e del 1943, diventando anche schiava di sé stessa.

A Napoli c'è la Camorra. A Roma ci sono certi politici. Quando L'Italia non va non è colpa di una parte, non di una sola parte. Quando l'Italia non va è perchè forse non abbiamo avuto il coraggio di scegliere gli uomini giusti. Allora non ci meravigliamo nemmeno delle parole di un ministro piccolo piccolo.


*Wikipedia

 

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