Ci siamo indignati perchè un paese ha condannato a morte tramite lapidazione una donna colpevole di adulterio. Ci siamo battuti e nessuna pietra è stata scagliata. Almeno per adesso.
Stamattina alle 3:13 ore italiana una donna è stata giustiziata. Aveva 41 anni ed era stata condannata per aver commissionato a due uomini l'omicidio del marito e del figlio adottivo di lui. Il crimine sarebbe stato pianificato per incassare i soldi dell'assicurazione sulla vita del marito.
Un duplice omicidio (anche se commesso da altre mani) non è un adulterio. Ha un peso diverso.
Una condanna a morte è sempre una condanna a morte.
Teresa Lewis non è (non era) Sakineh Mohammadi Ashtiani. L'America (Teresa Lewis è stata giustiziata in Virginia) non è l'Iran.
Eppure gli appelli alla clemenza erano arrivati anche stavolta da tutto il mondo, ma con una cassa di risonanza diversa. Teresa Lewis aveva un quoziente intellettivo appena sopra al limite legale per il quale un'esecuzione viene ritenuta incostituzionale (70 è il limite e 72 era quello di Teresa). Non solo: la difesa ha sostenuto fino all'ultimo che la donna soffriva di un disturbo di personalità che la rendeva dipendente. Nessuna clemenza, nemmeno dinanzi ad una donna con ritardi mentali.
Spaventa più il crimine o l'idea che una donna venga giustiziata?
Una condanna a morte per lapidazione è qualcosa di arcaico, vile, lontano, spaventoso.
Una condanna a morte con un'iniezione letale può sembrare un modo più moderno, meno vile e meno spaventoso?
Il boia viene sempre pagato per uccidere. Anche il suo stipendio, tra l'Iran e l'America, avrà un peso e una misura diversa.
L'essere civili dove ci guadagna?
24 settembre 2010
Pubblicato daSerena Prinza Etichette:
America, condanna a morte, inezione letale, Iran, lapidazione
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Due pesi e due misure
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